Tra i sentieri più incantevoli della Timpa di Acireale rientra indubbiamente il tratto naturalistico di Acquegrandi, chiamato pure “Acquaranni”. Nelle vicinanze si erge una piccola chiesetta dedicata alla Madonna dell’Aiuto.
Le fonti storiche tramandano che l’edificio di culto fu costruito tra il 1769 e il 1773. Curioso notare come sulla facciata della chiesetta figuri un’antica iscrizione con le seguenti parole incise: “Auxilium Cristianorum”. Sul fianco settentrionale della struttura religiosa si distende una stradella contornata di una serie di muraglioni a secco che sfoggiano bagolari, eucalipti, ulivi e alaterni. In fondo alla strada, invece, si trova un cancello metallico che dà ingresso ad un viottolo accidentato; qui, inoltre, è presente un’opera in muratura che supporta un canale d’ irrigazione.
In appresso ci si imbatte su un falsopiano che sporge sulla scarpata sottostante, donando al visitatore un meraviglioso scenario panoramico. Da questa prospettiva, sul lato destro e sinistro del luogo, si possono osservare rispettivamente la spiaggia di “Acquegrandi” e i declivi della “Timpa di Don Masi”. Nel pianoro, per di più, è possibile ammirare uno dei punti di avvistamento più importanti del litorale risalente ai tempi delle incursioni piratesche.
Più avanti si accede al sentiero che conduce direttamente verso il mare; il percorso, di difficile percorribilità, è caratterizzato dalla presenza di numerosi dislivelli e una moltitudine di gradini a pietra . Durante il tragitto saltano all’occhio gran parte delle specie vegetali del luogo: in particolare euforbie, asparagi pungenti, olmi e i così chiamati garofani delle rocce.
Straordinaria anche la spiaggia, che vanta un’estensione di circa un centinaio di metri. L’area balneare è gremita di pietre arrotondate, chiamate in gergo locale “coculi”. Lì vicino si trova la sorgente da cui trae origine il nome del sito naturalistico; non a caso, l’espressione dialettale “ranni” non fa altro che alludere al termine “grande”.
Più a nord l’ambiente è tappezzato di grandi macigni alveolati per via della costante corrosione dei sali marini. Di mirabile bellezza anche la vegetazione costiera che impreziosisce il paesaggio: basti pensare alla “Violaciocca”, al “Cappero”, alla “Spinasanta” e al “Finocchio di mare”.
Ad una distanza di circa duecento metri, sebbene complicato da raggiungere via terra, si scorge un giacimento fossilifero; ricco dei cosiddetti “tufi semilitoidi”, ospita una cinquantina di varietà che risalgono con molta probabilità al periodo pleistocenico. I resti più importanti venuti alla luce sono i “gasteropodi Bittium reticulatum”, i “Turritella tricarinata” ed esemplari di “Bivalve Corbula gibba”.