Ad Aci Catena, piccolo paese nelle vicinanze di Acireale, si trova il sentiero dei “Mulini ad Acqua”. Il sito, di grande pregio naturalistico, è collocato nella famosa vallata greco-romana di Reitana. Il luogo gode di particolare fama per via della presenza di numerose sorgenti, conosciute come “Cuba”, che convogliava l’acqua in direzione di un canale di muratura noto come “saia mastra”.
Da queste parti, inoltre, è presente un avvallamento naturale che ospita la fatidica area dei mulini. La zona si distingue anche per l’abbondanza di argille risalenti al periodo pleistocenico; qui, per di più, la componente fisica dell’ambiente ha dato impulso ai primi processi di antropizzazione consentendo alle antiche civiltà di sopravvivere in condizioni di massimo benessere.
La mitezza del clima, non a caso, ha favorito uno sviluppo agricolo che ha raggiunto livelli di produzione ortofrutticola senza eguali; l’esistenza di antichi insediamenti è comprovata dal ritrovamento di numerosi reperti archeologici affiorati durante specifiche e dettagliate ricognizioni in loco; in particolare sono stati riportati alla luce vasi, lacrimatoi, tombe e varie tipologie monetali.
Di rilievo pure il complesso di “Santa Venera al Pozzo”, risalente all’epoca romana, dalle quali ancora oggi sgorga una sorgente di acque sulfuree. Un notevole impulso produttivo, secondo le fonti storiche, è anche avvenuto nell’arco di tempo compreso tra il 1422 ed il 1615. In questa fase storica, sotto la dominazione spagnola, si svolgeva la così chiamata “Fiera Franca”; si dice che il termine “franca” alluda all’esenzione dal dazio sancito dall’editto di Alfonso il Magnanimo durante la sua egemonia in Sicilia. Alcune testimonianze riportano che, tra il XV e il XVI secolo, questa fascia territoriale era munita di numerosi mulini che venivano utilizzati per la macinazione del grano.
Procedendo lungo il “piano Reitana”, infatti, ci si imbatte in alcune di queste secolari costruzioni: le più note sono “Npacchiapa” e “Spezzacoddu”. Gli appellativi si riferiscono rispettivamente al nome di una signora e ad un uomo dal carattere burbero e violento. La strutture di questi antichi strumenti erano dotate di una botta cilindrica, fondamentale per il funzionamento della macina, e di un arco conosciuto come “caraffo”; alcuni ruderi,sebbene in disuso, si possono tuttora osservare in alcuni tratti dell’itinerario.
Sul versante del “piano Pescheria”, invece, si giunge al mulino “da zia Nedda”, noto come “Scardaci” e del tutto ristrutturato. In appresso, proseguendo oltre la via Paratore si accede ad un ponte pedonale che conduce verso un altro di essi, soprannominato “ U Mulino a via “. Più avanti si giunge in contrada Baracche, frazione di Acireale, che ospita il mulino “ Don Pippino”. Il percorso si conclude nei pressi di Capo Mulini con l’ultimo esemplare, oggi adibito ad abitazione.
Livio Grasso