Di epoca antichissima, la “basilica di Aci San Filippo d’Agira” risale al periodo dell’avvento normanno in Sicilia sotto re Ruggero.
Ubicata nell’omonimo paese di Aci San Filippo, si manifesta agli occhi del visitatore in tutta la sua maestosità ed eleganza. Di incantevole bellezza, indubbiamente, risultano essere le sedici colonne in pietra di Siracusa che supportano l’architettura del frontone.
Al centro del prospetto principale, invece, spicca una lapide con i seguenti caratteri incisi: “Totius Acis Mater et Caput”. L’iscrizione latina assume il significato di “Madre e Principio di Tutte le Aci”, sottintendendo che tale parrocchia era l’unica sede religiosa del territorio autorizzata ad amministrare i sacramenti.
Articolato in tre navate, l’interno dell’edificio di culto sfoggia delle colonne gemelle di ordine dorico che sorreggono l’altissima e imponente cupola. Le fonti d’archivio riferiscono che l’intero complesso edilizio venne distrutto a causa del terremoto avvenuto nel 1963. Diverse testimonianze, infatti, riportano che il restauro architettonico della struttura fu opera di un certo Francesco Battaglia, rinomato architetto siciliano.
Dentro la chiesa è possibile scorgere una serie di dipinti settecenteschi realizzati dal celebre artista Antonio Pennisi. Di inestimabile valore sono pure alcune suppellettili sacre: basti pensare al superbo ostensorio in argento cesellato a forma di torre e al leggio monumentale con sopra l’“Antiphonarium romanum”.
In sagrestia si trovano pure una veduta dell’ “Antiqua Urbs Acis Xiphonia” e una delle opere più pregiate dell’entroterra acese: si tratta, per l’appunto, di una pala d’altare del Quattrocento attribuita alla scuola di Antonello da Messina. Inoltre, nella cappella rivestita d’oro zecchino è custodita la statua di San Filippo d’Agira, patrono del paesino.Un aneddoto religioso tramanda che l’intercessione del Santo”, in data 20 febbraio 1818, salvò l’intera borgata dalla devastazione di un terribile terremoto. In memoria dei suoi meriti, non a caso, il simulacro è tuttora oggetto di grande venerazione e devozione da parte degli abitanti locali.
Di fattura più recente, probabilmente datato al 1812, è il pavimento musivo con marmi policromi ascritto alla perizia dei mastri catanesi Gioacchino Calì e Giuseppe Marino. Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del Novecento venne edificata la torre campanaria e ultimata la costruzione dei due vani accanto al campanile. Durante la seconda guerra mondiale due granate hanno colpito la cupola e il campanile, danneggiando ambedue gli elementi edilizi.
In ultimo, risalgono al genio creativo dello scultore Domenico Girbino le tre porte in bronzo che abbelliscono l’ingresso della basilica.
Livio Grasso