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Catania, i resti del presunto foro romano nel quartiere San Pantaleone di Catania

Catania, i resti del presunto foro romano nel quartiere San Pantaleone di Catania

Nell’odierno cortile “San Pantaleone” di Catania, ubicato tra le vie Vittorio Emanuele e Garibaldi, risiedono i resti del “forum” romano.

Circondato anticamente da un portico colonnato e una serie di complessi edilizi, fino ad oggi è oggetto di dibattito tra gli studiosi. Lorenzo Bolano, archeologo del Cinquecento, tramanda che qui c’erano otto ambienti con copertura a volta; di essi, tuttavia, non esiste più alcuna traccia a causa della successiva creazione del “Corso”, oggi noto come via Vittorio Emanuele.

Sempre da Bolano, abbiamo notizia di un’ala occidentale che venne di lì a poco demolita: quasi certamente si trattava di un impianto termale, rammentato dal cartografo Valeriano de Franchi con il nome di “ Terme Amasene”. Sappiamo, per di più, che nel XVIII secolo l’intera area venne sottoposta a minuziose indagini su iniziativa del principe Biscari, collezionista e amante dell’archeologia. Ben presto, le ricognizioni condotte in loco riportarono alla luce frammenti materiali del presunto foro.

A quanto pare, le mura erano in “opus incertum” e “opus reticulatum”; ciò malgrado varie testimonianze sostengono che il foro catanese fu realizzato intorno al 21a.C. in opera reticolata, tipologia muraria riconoscibile dalla disposizione a reticolo obliquo dei conci. Nel medesimo anno, inoltre, pare che l’imperatore Augusto fondò la colonia Càtina, antica denominazione di Catania.

Cionondimeno, tuttora sussistono delle profonde incertezze sull’effettiva esistenza del forum. Edoardo Tortorici, professore di “Topografia antica” dell’Università di Catania, nel 2008 ne ha approfondito lo studio avanzando delle nuove congetture cronologiche. Dopo aver analizzato una pianta topografica risalente al 1895, il docente ha appurato che le varie strutture appartengono a periodi differenti.

Tale asserzione risulta essere comprovata dalla presenza di tecniche edilizie variegate: opere cementizie con paramento a “scheggioni di lava”, opere quadrate in blocchi di pietra calcaree e, per le costruzioni meno profonde, muri intonacati con stucchi di pietra calcarea siracusana. Infatti, è opinione comune considerare i vari impianti architettonici più confacenti ai cosiddetti “Horrea” che ad un ipotetico foro. Dagli scavi compiuti nell’Ottocento, inoltre, si deduce che gli ambienti facevano parte di un complesso sotterraneo; si parla, a tal proposito,  di “Ergastula”, luoghi ipogei molto angusti e principalmente adibiti alla reclusione degli schiavi sia pubblici che privati.

Ad ogni modo rimane davvero ben poco dell’antico foro, contrassegnato solamente da elementi strutturali con ingresso architravato e una parete in opus reticulatum sul lato est.

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