I manoscritti perduti del mascalese Giuseppe Maria Bonanno (1734-1811), “giureconsulto e magistrato esimio”, il quale scrisse, fra l’altro, le mai pubblicate “Memorie istoriche della città di Mascali…”
Durante le mie ricerche storiche di questi giorni, ho rintracciato un documento di notevole valore, per il nostro territorio, la “Relazione generale dei lavori dell’Accademia di Scienze, Lettere, ed Arti dei Zelanti di Aci-Reale”, scritta da Lionardo Vigo (Ritratto in basso – Segretario generale onorario perpetuo dell’Accademia, unico a tramandarci la figura e le opere di Giuseppe Maria Bonanno), nel 1841 (pubblicata in Messina, presso la Stamperia di Tommaso Capra). In essa, alle pagine 32-33, viene riferito di una figura di cui si è sempre ignorata l’esistenza fino ad oggi e la quale, fra le tante opere, scrisse alcune, inedite (purtroppo, al momento, perdute) e che riguardavano Mascali (e, evidentemente, il suo antico territorio, quello della “Contea”).
A tal punto, il Vigo appone una nota, la 105, che rimanda alle pagine 98-99, e nella quale riporta i titoli dei libri scritti e mai pubblicati da Giuseppe Maria Bonanno; anzi, scrive che i manoscritti di queste opere si trovavano, ancora in quel 1841, nella Biblioteca privata del fratello dell’autore, il dott. don Giovanni Bonanno: chi sono stati i discendenti di costoro e che fine abbiano fatto queste importantissime opere a noi è ignoto; alcune, come ora vedremo, se recuperate dall’abisso che le ha inghiottite e se, quindi, lette e analizzate, sarebbero di estrema utilità per la conoscenza della storia del nostro territorio.
Così, dunque, l’elenco dei testi, come pedissequamente riportato nella nota 105: “Tractatio brevis de dote congrua 1755. Tractatus varii sive brevis repetitio ad leges magistralis ex cod. et digestis cum suo literarum ordine selectus – De retractu conventionali discursus – De retractu legali discursus – Oratio historico – critico – legalis pro invictissimo rege nostro Carolo Borbonio hujus nominis tertii ad tutenda regalia in civitate Mascalarum contra illustrissimum catanensem episcopum instantibus duobus ex regiis decurionibus, sive juratis sindico ac universo populo mascalensi in qua respondetur ad contrariam oratione abitam in supremo regiae camerae Senatu per F. Saverium del Campo juriconsultum panormitanum, Panormi impressum an. d. 1740 auctore ut supra – Memorie istoriche della città di Mascali in supplemento e correzione di quanto della stessa città scrissero il Fazzello, l’Amico, il Mongitore, il Massa, ed altri scrittori siciliani ove si dà una distinta notizia dello stato moderno della città con una relazione a parte intorno all’origine de’ capitani e giudici criminali forestieri in Mascali e del mezzo con cui se ne fosse esentata, con l’aggiunta di una nota di ragioni per dichiararsi la città medesima di pertinenza del regio demanio, come altresì di un discorso sopra il ms. di Orofane e delle risposte ad alcune difficoltà proposte dagli Accademici di Palermo in una lettera del sig. can. D. Tommaso M. Angelini”.
Basta leggere i suddetti titoli per rendersi conto dell’importanza di questi manoscritti; non mi è stato possibile rintracciare il testo pubblicato, nel 1740, in Palermo, da Francesco Saverio del Campo; certo, conoscere quella difesa degli interessi regi nella città di Mascali contro l’illustrissimo vescovo di Catania (il che ci indica che una diatriba ci fu per il possesso della Contea e che, quindi, il passaggio di questa dal Vescovo al Re, in “affitto provvisorio” nel 1751 e in “affitto definitivo” dal 1757, non fu del tutto pacifico, come a molti è sempre sembrato) e quella contraria orazione di del Campo sarebbe di utilità estrema, così come poter leggere le “Memorie istoriche della città di Mascali…”, con le correzioni al Fazello, all’Amico, al Mongitore e al Massa, e leggere la “notizia dello stato moderno della città” e la “relazione intorno all’origine de’ capitani e giudici criminali forestieri in Mascali e del mezzo con cui se ne fosse esentata” e leggere le ragioni per cui la città di Mascali si dichiarava di pertinenza regia. Tutto ritenne, sicuramente, l’autore (“giureconsulto e magistrato esimio”, esercitando chissà dove e in che specifiche funzioni) essere stato ben conservato (ma, mai pubblicato, e chissà mai perché!) nella ben creduta protetta biblioteca del fratello, nella convinzione che un giorno tutto sarebbe stato letto e studiato dai molti interessati posteri. E, invece, il diluvio del tempo e la superficiale negligenza degli uomini ha tutto involuto nell’apparente Nulla.
È probabile che i manoscritti di Giuseppe Maria Bonanno siano stati tramandati di generazione in generazione ed essi o sono ancora in qualche privata biblioteca di qualche suo discendente (sarebbe la soluzione più fortunata), il quale, magari, è inconsapevole dell’enorme tesoro in suo possesso, o, in qualche momento di questi duecento anni, quei manoscritti sono stati (per incuria, per ignoranza) distrutti, privandoci, dunque, di fonti preziosissime sulla storia del nostro territorio (d’altronde, nessun testo ha fatto più menzione di essi, dopo quel 1841 fino ai nostri giorni). Questo mio articolo (che provvederò a rendere noto a tantissime persone, interessate alla nostra storia locale o meno) ha il fine, proprio, di stimolare la ricerca di questi manoscritti, per portarli alla luce e per essere studiati, se mai non siano stati, dalla solita insufficienza umana, distrutti.
Antonino Alibrandi