“Laudato sì, mi Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta. Laudato sì, mi Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte”.
Sono alcuni versi del celebre “Cantico delle Creature”, la bellissima lode composta da San Francesco D’Assisi, una preghiera di ringraziamento umile e rispettosa rivolta a Dio per averci donato tutte quelle creature e quegli elementi della Natura che fanno parte della nostra fragile esistenza umana, come l’Aria, l’Acqua, il Fuoco, la Terra, un messaggio di amore e di fratellanza.
E proprio di “Acqua” e “ Focu”, si è parlato, in termini scientifici e naturalistici, nel seminario svoltosi domenica 18 dicembre a Francavilla di Sicilia, presso la Sala della Colonna di Palazzo Cagnone, organizzato dalla Pro Loco, presieduta da Loredana Lombardo, che ha rivolto un cordiale saluto di benvenuto ai partecipanti, con il patrocino dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, Osservatorio Etneo, dell’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara e del Comune di Francavilla di Sicilia.
E non avrebbe potuto esserci altro luogo migliore per discutere di questi due elementi naturali; l’abitato di Francavilla di Sicilia, infatti, sorge su uno strato profondo di roccia vulcanica e su un’area delimitata a nord dal fiume San Paolo, a est dal torrente Zavianni e a sud dal fiume Alcantara. Una zona, quindi, del tutto particolare, fertile, lussureggiante di vegetazione, ricca di acqua e di storia, come testimoniano i ritrovamenti di antichi reperti greci risalenti al VI e V sec. a.C.
Il vicesindaco Gianfranco D’Aprile ha portato i saluti istituzionali del sindaco e della cittadinanza francavillese, presenti gli assessori Giuseppina Ferrara e Alessandra Cipolla, seguiti da quelli del dott. Enzo Crimi, intervenuto in rappresentanza del Parco Fluviale dell’Alcantara e del Direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, Osservatorio Etneo, dott. Stefano Branca.
Ad introdurre i lavori, la dr.ssa Lucia Cacciola, collaboratrice presso l’INGV – OE di Catania.
“Evoluzione geologica della Valle Alcantara e fenomeni di invasione lavica”, è stato l’argomento trattato dal Direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania – Osservatorio Etneo, dott. Stefano Branca, il quale, dopo aver ripercorso brevemente la storia della prestigiosa istituzione scientifica catanese e specificato le funzioni dell’INGV – OE, ha ricordato la figura di Alfred Rittmann, il più importante scienziato vulcanologo del ‘900 giunto a Catania nel 1958 su richiesta dell’allora rettore dell’Università di Catania, Cesare Sanfilippo; al vulcanologo svizzero si deve l’idea di un polo scientifico a Catania finalizzato allo studio dei fenomeni vulcanologici e geofisici sull’Etna.
Fatta questa premessa, il dott. Stefano Branca, con l’ausilio di carte geologiche, e partendo dalla sua tesi di dottorato di ricerca elaborata dal 1997 al 2000 e dalla successiva pubblicazione del 2019 sulla datazione delle colate laviche nella Valle dell’Alcantara, frutto di un lavoro (dati di sottosuolo, indagini di tipo magnetico, datazione delle rocce, studi petrografici) di ricerca multidisciplinare, si è addentrato in un lungo e avvincente racconto, catturando l’attenzione del pubblico e facendo compiere ai presenti un autentico “viaggio nel tempo”, in un passato lontanissimo, in un mondo dominato dalla Natura, risalente a circa 110 mila anni fa quando l’Etna non si era ancora sviluppata così come la vediamo oggi e la cui attività era prevalentemente concentrata sul versante sud-orientale.
Trascorrono anni, secoli, millenni, il vulcano cresce, si espande e si forma il cosiddetto centro eruttivo “Ellittico”, che ventimila anni fa raggiungeva la quota di 3.600 metri, uno sviluppo che determinerà una sequenza di colate laviche che invaderanno l’antica valle del fiume Alcantara, superando quindi lo spartiacque che prima faceva da barriera protettiva, “spostando verso nord il vecchio asse di drenaggio, fino a quando il fiume Alcantara tracima, perché la cresta spartiacque all’altezza di Mojo era bassa, a 500 metri di quota, e “cattura” la valle accanto, diventando un unico bacino idrografico, e da quel momento in poi cambia completamente la Storia”, spiega il dott. Stefano Branca, il quale, in prosieguo di narrazione ha chiarito che l’imponente ed esplosiva eruzione di Monte Mojo, (frammenti lavici sono stati ritrovati sui monti di Roccella Valdemone), avvenuta circa 28.600 anni fa, e con uno spessore di 48 metri, riuscì ad entrare nella valle ma il magma non raggiunse la zona di Francavilla.
A questo punto sorge un interrogativo: se la roccia lavica presente nel sottosuolo di Francavilla non proviene dal vicino cratere di Mojo, allora da dove è arrivata?
Per generazioni i francavillesi si sono posti questa domanda, e a darci una risposta scientifica è lo stesso direttore dell’INGV – OE, dott. Stefano Branca.
Il territorio francavillese fu interessato in epoca preistorica, tra 14mila e 10mila anni fa circa, dalla cosiddetta “colata lavica dell’Alcantara” (datata con il metodo del paleomagnetismo), proveniente da piccole fessurazioni, ormai scomparse perché ricoperte “sicuramente dalla colata di Solicchiata” (“risalente a circa 5.400 anni fa: datazione al carbonio-14 su frammenti di albero carbonizzati”), afferma il vulcanologo, posizionate all’incirca tra Mojo Alcantara e Verzella: un’eruzione imponente che si svilupperà per 24 chilometri, arrivando fino a Capo Schisò, dove formerà un enorme delta lavico, una lunghezza paragonabile alle colate dei vulcani hawaiani.
Fu un’eruzione effusiva di lunga durata e ricoprì le depressioni all’interno della vallata, canalizzata dentro il fondovalle e senza possibilità di espandersi lateralmente.
Il flusso lavico arrivò nella zona di Francavilla seguendo il corso dell’Alcantara, e in prossimità dell’altura del Castello, che sarà circondata dal magma, si divise, e un ramo della colata invase l’attuale area dove sorge l’abitato, fino a raggiungere il fiume San Paolo.
Da “focu” ad “acqua”: “Bisogna capire il passato per andare verso il futuro, questi incontri creano cultura”, ha detto il dott. Enzo Crimi, già Commissario Superiore del Corpo Forestale della Regione Sicilia ed esperto del territorio.
Il relatore, in particolare, ha focalizzato l’attenzione dei presenti sulle molteplici caratteristiche vegetazionali e faunistiche nei vari habitat, montagna, valle ed aree fluviali, descrivendo le diverse specie di piante, fiori, uccelli, mammiferi e rettili, sia con riferimento alle regioni mediterranee che propriamente alla Valle dell’Alcantara, che per il dott. Enzo Crimi è un “suggestivo palcoscenico”, perché “l’Alcantara è parte integrante dell’Etna, e “noi abbiamo queste ricchezze; l’uomo ha queste ricchezze a sua disposizione, eppure non le vede, o le distrugge”, citando l’espressione di Leonardo Sciascia, “l’invisibilità dell’evidenza”.
Il dott. Enzo Crimi, infine, ha posto l’accento sulla necessità di promuovere attività volte a favorire l’integrazione tra i comuni della valle per un migliore e più efficace governo del territorio.
“Noi viviamo in un territorio e non lo conosciamo”, ha detto Carmelo Magaraci, guida naturalistica dell’Ente Parco Fluviale dell’Alcantara, il quale ha messo in evidenza l’alterazione, avvenuta negli anni, del rapporto tra l’uomo e la natura, auspicando un maggiore coinvolgimento del mondo della scuola nelle tematiche ambientali, mentre il prof. Francesco Consalvo, si è soffermato sul tema “Tra arte e tradizione”, un excursus storico-culturale sull’utilizzo della pietra lavica, abbinata anche all’arenaria, negli edifici, monumenti, pavimentazioni (pubbliche e private) e antichi manufatti per la lavorazione del grano (macine).
Al termine del seminario, i relatori sono stati omaggiati con delle targhe in pietra lavica smaltata celebrative dell’evento culturale, realizzate e donate dal prof. Francesco Consalvo, profondo conoscitore della ceramica, mentre la coordinatrice, dr.ssa Lucia Cacciola, dopo aver ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento, ha voluto ricordare tre validi collaboratori della Pro Loco scomparsi, Carmelo D’Aprile, Erminia Cagnone e Giuseppe Contato.
E a distanza di millenni da quella che fu la colata lavica dell’Alcantara, oggi, guardando a quell’evento non si può non provare che un senso di assoluto rispetto verso chi l’ha prodotta, l’Etna; in fondo, senza quell’eruzione vulcanica probabilmente non avremmo avuto quel miracolo della natura che sono le Gole dell’Alcantara, le straordinarie geometrie di lava basaltica ammirate da migliaia di turisti di tutto il mondo e tutto uno scenario naturale, unico nel suo genere plasmato da “Acqua” e “ Focu”, un tesoro da custodire e salvaguardare per le future generazioni.
Luigi Lo Presti