Dopo la recente sparatoria contro un chiosco bar di Giarre, che ha coinvolto il proprietario e i Carabinieri intervenuti, per la quale è stato arrestato dai Carabinieri del Nucleo Operativo della locale Compagnia un 50enne di Linguaglossa, pluripregiudicato, con l’accusa di tentato omicidio, sono proseguite le ricerche dell’arma adoperata per il delitto, che l’uomo non ha mai fatto ritrovare.
In campo, per quest’attività, non solo i militari delle Stazioni Carabinieri di Linguaglossa e Piedimonte Etneo, ma anche quelli del Nucleo Operativo della Compagnia di Giarre, di quella di Randazzo e dello Squadrone Eliportato dei Cacciatori, di stanza a Sigonella, unitamente al Nucleo Cinofili di Nicolosi.
In particolare, i militari, all’esito di una complessa attività info-investigativa, hanno deciso di svolgere alcune perquisizioni domiciliari, tra cui quella che ha riguardato un appartamento di Linguaglossa dove risiede un congiunto 53enne del posto, anch’egli pregiudicato.
L’abitazione è stata così battuta “palmo a palmo” dai Carabinieri che, sotto una scala a chiocciola, hanno scoperto un vano segreto.
E’ stato proprio in quel momento che i militari dell’Arma si sono accorti che un pezzo di zoccoletto si muoveva. Dopo averlo smosso un po’, i Carabinieri si sono pertanto resi conto che il pezzo di ceramica era munito di magneti che lo tenevano ancorato alla parete.
Staccatolo dal suo incavo, agli investigatori è apparsa subito chiara la sua funzione: nascondere un vano metallico perfettamente inserito nella parete.
Nel dettaglio, il nascondiglio conteneva una ulteriore scatola in cartone nella quale erano state occultate 3 carte di identità, tutte valide per l’espatrio e tutte con la stessa fotografia, quella del parente, seppur con dati anagrafici differenti. Tre nomi diversi, erano questi i fantasiosi alias scelti per le finte identità. Documenti ben realizzati che avrebbero potuto ingannare facilmente occhi poco esperti, perché riportavano anche il timbro a secco sulle foto e il timbro ad inchiostro dell’ufficio emittente.
Infine, nella parte finale dell’anfratto, c’era anche un dispositivo chiamato turbo-decoder, che solitamente viene adoperato per aprire le autovetture senza bisogno di chiavi.
Il ritrovamento del vano segreto e del suo contenuto ha fatto scattare l’arresto per la persona, convalidato dall’Autorità Giudiziaria, per i reati di “ricettazione, possesso ingiustificato di chiavi false o grimaldelli e possesso e fabbricazione di documenti falsi”.