La giornata internazionale delle persone con disabilità, che viene celebrata il 3 dicembre, pone i riflettori sulla persona con disabilità. Nonostante l’accresciuto interesse degli ultimi decenni ed i propositi legislativi posti in essere, la tematica relativa alla disabilità rimane ancora per buona parte sommersa in quanto presentata e discussa in maniera parziale.
Ma un’analisi approfondita della questione non può avvenire quasi esclusivamente negli ambiti accademici o nei frangenti politico-istituzionali svolti a porte chiuse e nemmeno lasciare che siano in prevalenza altri, e non i diretti interessati, a dibattere in merito.
La Carta di Solfagnano, suggellata nel corso del recentissimo G7 Disability Inclusion, sottende la massima “Nulla su di Noi senza di Noi” che nel 1980 fu pronunciata da Ron Chandran Dudley, primo presidente di Dpi (Disabled People International) che ha ispirato la sostanza del documento. L’asserzione, diretta e concisa, implica la necessità di un coinvolgimento più profondo ed estensivo di coloro che la condizione di disabilità la sperimentano quotidianamente e che, al di là delle referenze e del posizionamento professionale, esprimono la volontà di portare la loro testimonianza e concorrere alla delineazione degli obiettivi e delle linee programmatiche, posto che nessun esperto del settore può essere competente al punto tale da poter fare a meno del contributo degli stessi portatori d’interesse.
La storia degli ultimi decenni, del resto, insegna che i cambiamenti più significativi si sono verificati proprio sulla scorta dei movimenti sorti dal basso e del crescente rilievo che le associazioni di categoria hanno assunto sulla scena politica e sociale.
L’esigenza di tratteggiare nitidamente il campo della disabilità discende dalla consapevolezza che, a tutt’oggi, il peso di alcune dimensioni non vengono debitamente considerate a fronte di una persistente matrice riduzionista che circoscrive la disabilità al singolo soggetto ed è quindi verso quest’ultimo che gli interventi devono essere diretti e concretizzati.
Pensare, tuttavia, che la disabilità sia un fatto connesso alla singola persona pone in ombra quanto le condizioni socioambientali possano fortemente limitare le possibilità delle persone con disabilità e la loro partecipazione alla vita sociale, lavorativa e politica o, piuttosto, quanto invece, adeguate politiche territoriali e condotte di civico rispetto possano incrementare il loro campo di azione.
Probabilmente, le ragioni alla base dell’attuale stato delle cose, a 32 anni dalla L. 104/1992, a 38 dall’istituzione del PEBA (Piano Eliminazione Barriere Architettoniche), a 15 anni dalla Ratifica della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, vanno ricercate anche al di fuori del mondo della disabilità per chiamare in causa un cultura, quella dell’abilismo, ancora incapace di una visione di ampio respiro e di considerare la disabilità una caratteristica, come molte altre, dell’essere umano.
Concludo, a corredo di quanto sostenuto, esplicitando gli assunti della Carta di Solfagnano, molti dei quali orientati proprio a fattori esterni alle condizioni di salute delle persone oggetto di tutela: 1) accesso e accessibilità; 2) vita autonoma e indipendente; 3) valorizzazione dei talenti e inclusione lavorativa; 4) promozione delle nuove tecnologie; 5) Sport e Dimensioni ricreative e culturali della vita; 6) dignità della vita; 7) prevenzione e gestione delle emergenze o situazioni post-emergenziale, legate anche alle crisi climatiche, ai conflitti armati e alle crisi umanitarie.
Obiettivi ai quali i Paesi aderenti dovranno adeguarsi con politiche mirate.
Alessandra Strano