In linea con il recente orientamento giurisprudenziale, il Tribunale di Catania, Prima Sezione Civile, ha rigettato la richiesta di incandidabilità avanzata nei confronti dell’ex sindaco Francesco Sgroi e dell’ex assessore Nunzio Gerardo Proietto Batturi. Per gli ex consiglieri Russo Maria Serena, Sgroi Francesco, Petrina Chiara, Sindoni Sara Anna e Gullotto Maria Cristina, l’Avvocatura dello Stato, invece, a suo tempo, non aveva avanzato alcuna domanda di incandidabilità, con il conseguente tacito venir meno del giudizio.
Pertanto, secondo la legge elettorale in vigore in Sicilia, l’ex sindaco potrebbe candidarsi alle prossime elezioni amministrative, poiché attualmente la normativa consente un terzo mandato consecutivo a condizione che uno dei precedenti abbia avuto una durata inferiore a due anni, sei mesi e un giorno per cause indipendenti da dimissioni volontarie. Con il commissariamento del Comune di Randazzo, in seguìto al decreto di scioglimento del gennaio 2024, il mandato dell’ex sindaco rientra nelle condizioni previste dalla legge elettore vigente, permettendogli così di ricandidarsi, salvo eventuali decisioni contrarie o nuovi sviluppi giudiziari.
Nonostante questa decisione favorevole per gli ex amministratori, il Comune di Randazzo rimane commissariato per 18 mesi (dal 26/1/2024), che potrebbero diventare 24 e comunque fino alla prossima tornata elettorale utile. Ora si attende l’eventuale ricorso al successivo grado di giudizio da parte del Ministero dell’Interno, che potrebbe ribaltare questa sentenza di primo grado, e, soprattutto, l’importantissimo verdetto del TAR Lazio sul provvedimento di scioglimento degli organi elettivi.
Fra le questioni esaminate dai giudici, si coglie una blanda contestazione della difesa da parte dell’Avvocatura dello Stato. Per il tribunale, l’insufficiente applicazione delle norme antimafia è imputabile ai dirigenti amministrativi e non agli organi politici. Anche i numerosi affidamenti diretti, spesso gestiti in modalità discutibili, sono stati attribuiti alla responsabilità dirigenziale, benché nominati tramite decreti sindacali.
I giudici della Prima Sezione civile, pertanto, hanno stabilito che non vi sono prove sufficienti a dimostrare rapporti concreti e rilevanti tra gli ex amministratori e la criminalità mafiosa.
La vicenda di Randazzo e di Castiglione di Sicilia e di altre località sparse in tutt’Italia, evidenzia le difficoltà del sistema preventivo di scioglimento degli Enti locali, previsto dall’articolo 143 del TUEL. La decisione del tribunale di Catania sottolinea, comunque, l’importanza della distinzione tra errori di gestione e responsabilità penali.
Strumenti come lo scioglimento, da un lato, e il rigetto della richiesta di incandidabilità, dall’altro, temi apparentemente contraddittori tra loro, rischiano di generare preoccupante confusione sia nell’opinione pubblica sia nell’elettorato.
G.D.G.