Francavilla, successo per la compagnia teatrale “Chiddi da Vina” che ha messo in scena “La Giara“ -
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Francavilla, successo per la compagnia teatrale “Chiddi da Vina” che ha messo in scena “La Giara“

Francavilla, successo per la compagnia teatrale “Chiddi da Vina” che ha messo in scena “La Giara“

È una realtà fatta di contrasti, contraddizioni e paradossi beffardi ciò che trapela dalle pagine della novella “La Giara“ di Luigi Pirandello (Agrigento 1867 – Roma 1937), rappresentata sabato scorso, 4 gennaio, al Cine Teatro Arturo Ferrara di Francavilla di Sicilia dalla compagnia teatrale francavillese “Chiddi da Vina”, con la regia di Annamaria Puglisi.

Ambientata sullo sfondo della campagna siciliana nell’imminenza della raccolta delle olive, ne “La Giara”, commedia in un unico atto del 1916 (dello stesso anno Liolà, Pensaci Giacomimo! e Il berretto a sonagli), si contrappongono due universi, da un lato la borghesia agraria, la “classe dominante”, ricca e diffidente, che vede protagonista don Lollò Zirafa, dall’altro, il mondo contadino e la civiltà artigiana, personificata da Zì Dima Licasi, depositaria di un sapere antico tradizionalmente trasmesso da padre in figlio e socialmente benvoluto.

Entrambe le figure sono agitate dal culto della “roba”, dalla necessità di difendere le proprie sostanze, i propri interessi, “… la badessa”, ovvero la giara per don Lollò, il mastice miracoloso di sua invenzione per Zì Dima, e con esso l’onore e il proprio lavoro, una logica della “roba” che appare di ispirazione verghiana, come nel romanzo I Malavoglia, dove però i protagonisti sono narrati nella loro sofferenza e nel dolore quotidiano, umili ed eroici davanti al loro destino.

La contesa, la scerria tra i due protagonisti, è solo apparente, perché sotto i riflettori dell’autore del celebre Il fu Mattia Pascal emergono comportamenti umani imprevedibili, assurdi e grotteschi in un intreccio di prosa e poesia dal sapore tragicomico, dove il pessimismo si trasforma in umorismo.

Quello andato in scena nella cittadina dell’Alcantara è, in realtà, un adattamento teatrale, liberamente tratto dalla novella pirandelliana, in cui la regista Puglisi ripercorre la trama del racconto offrendo al pubblico una versione originale e divertente dell’opera, con riferimenti al contesto francavillese e cambiando i nomi di alcuni personaggi rispetto al testo autentico.

La novella, rivisitata dunque in chiave locale, ruota intorno alla figura di don Babburu-don Lollò Zirafa, intrepretato da Nello Composto, benestante proprietario terriero, avido di ricchezze e possesso, che vive in perenne conflitto con il prossimo e travagliato dall’idea che tutti desiderino sottrargli la “roba”, che egli considera come una “religione”.

Avvicinandosi il periodo della raccolta delle olive, don Babburu acquista una giara molto grande, ma il contenitore – accidentalmente – si spezza, costringendolo così a rivolgersi ad un conciabrocche del luogo, don Bastianu-Zì Dima, alias Giuseppe Campo, il quale gli propone di riparare la giara utilizzando un portentoso mastice di sua invenzione.

Ma don Babburu non si fida e impone di aggiungere una cucitura in ferro da praticare all’interno dell’orcio. Contro la sua volontà don Bastianu, per portare a compimento il lavoro, entra nella giara ma a lavoro ultimato si rende conto di essere rimasto intrappolato (“Ma codesta gobba che avete, ve l’ha forse fabbricata il fornaciajo per impedirvi d’uscire dalla mia giara?”).

L’unica soluzione è rompere nuovamente la giara, ma don Babburu non sente ragioni e pretende di essere risarcito per l’eventuale danno arrecatogli (“…un’onza e trentatré”). Don Bastianu, dal canto suo, assicura che nella giara si trova benissimo e non ha nessuna fretta di uscirne (“Qua dentro ci faccio i vermi”), e che non si sarebbero trovati in questa situazione se don Babburu non avesse insistito per l’inutile rammendo supplementare.

Mentre tutti danzano e cantano, don Babburu, preso dall’ira, sferra un calcio alla giara che si infrange: don Bastianu è libero; sarcastico esulta: “L’ho vinta io! L’ho vinta io!” A don Babburu non resta che incassare la sconfitta: senza giara e senza risarcimento.

Nel cast, oltre ai due già detti, brillanti protagonisti principali, anche Ciccino Sciacca (“avvocato Scimè”), Gaetana La Maestra (‘gnà Tana),  Peppino Silvestro (don Peppi-‘Mpari Pè), Armando Forzisi (Tanino-Tararà), Mihaly Brasoveanu (Frippu-Fillicò), Angela Emmi (‘Gnà Tinnira-Trisuzza), Fabrizio Bisconti (il mulattiere) e il piccolo Salvatore De Francesco (Savvatureddu-Nociarello).

Una breve presentazione a cura di Giuliana Magaraci ha introdotto lo spettacolo, organizzato con il patrocinio del Comune di Francavilla di Sicilia e della Pro Loco, mentre, la parte tecnica è stata curata da Enrico Munforte e Giorgio Intelisano. Dietro le quinte, come suggeritrici Cinzia Di Pietro e Antonella Tatì.

Luigi Lo Presti

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