Mafia, operazione "Fiori di Pesco": definitive le ultime condanne per gli uomini del clan Brunetto -
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Mafia, operazione “Fiori di Pesco”: definitive le ultime condanne per gli uomini del clan Brunetto

Mafia, operazione “Fiori di Pesco”: definitive le ultime condanne per gli uomini del clan Brunetto

Sono definitive anche le ultime quattro condanne emesse alla fine del processo Fiori di Pesco sull’infiltrazione del clan Brunetto di Fiumefreddo di Sicilia nella zona jonica da Fiumefreddo, Francavilla, Castiglione di Sicilia e vari Comuni della Valle dell’Alvantara. La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di 5imputati, Carmelo Caminiti, Filippo Scuderi, Salvatore Scuderi, Daniele Nicolosi e Antonio Monforte.

In primo grado nel 2020 le condanne erano state 18. Due anni dopo i giudici di Corte d’Appello ne hanno confermate 13, 8 delle quali rideterminate, diventate definitive nel luglio del 2023: 12 anni e 9 mesi di reclusione Angelo Salmeri, 8 anni ad Antonio Monforte, 7 anni per a Salvatore Scuderi e Daniele Nicolosi,10 anni a Filippo Scuderi, 2 anni e 8 mesi ad Antonino Salanitri e Antonino Mollica, un anno per Carmelo Crisafulli. Confermate le condanne di primo grado per Vincenzo Pino, Vincenzo Lomonaco, Carmelo Caminiti, Carmelo Pietro Oliveri e Alfio Di Bella.

L’operazione del 2017 traeva origine da una attività investigativa avviata nel 2013 condotta dai carabinieri della Compagnia di Taormina ed hanno fatto piena luce sulla riorganizzazione del gruppo criminale dopo la morte del boss storico Paolo Brunetto di Fiumefreddo con la ripartizione degli ‘incarichi’ nell’ambito della gestione di estorsioni in tutta l’area jonica ma anche in tutta la valle dell’Alcantara ed in particolare nel settore agro pastorale. Le indagini che si sono avvalse di numerose intercettazioni, hanno permesso di acclarare come il clan fosse ben organizzato soprattutto nei reati contro il patrimonio.

Le indagini dei carabinieri venivano avviate nel 2013 allorquando un dirigente sindacale della U.I.L., socio di un cooperativa agricola della Valle dell’Alcantara, denunciava ai militari di Taormina che in piena notte, ignoti malfattori, avevano dato alle fiamme due sue autovetture parcheggiate nei pressi della propria abitazione di residenza.

Il sindacalista, rendendosi collaborativo, riferiva in sede di denuncia di essere stato vittima di un vile atto di natura intimidatoria a carattere estorsivo da parte di sedicenti malviventi del posto che da diverso tempo avanzavano al suo indirizzo richieste di soldi a titolo del cosiddetto “pizzo” e segnalava come tali episodi si fossero verificati anche in danno di altre aziende agricole della zona.

Dalla denuncia dell’imprenditore i militari riuscivano a raccogliere elementi in ordine ad una serie di atti intimidatori nei confronti di altri imprenditori residenti nella Valle dell’Alcantara alcuni dei quali denunciati ed altri no.

I riscontri dei Carabinieri permettevano di appurare come gli episodi di danneggiamento posti in essere ai danni di tanti imprenditori della zona fossero riconducibili ad un unico disegno criminoso portato avanti da sconosciuti che stavano colpendo, in quel periodo, commercianti ed imprenditori di Malvagna, Mojo Alcantara e Roccella Valdemone.

Per imporre il “pizzo” agli imprenditori agricoli della zona l’associazione mafiosa operava con un metodo ormai consolidato, dapprima procedeva al furto dei mezzi agricoli indispensabili all’esercizio dell’attività e successivamente richiedeva ingenti somme di somme di denaro per restituire i mezzi e consentire di riprendere l’attività lavorativa (cd. cavallo di ritorno). Capitava così che ad un imprenditore di Fondachelli Fantina venissero rubati i mezzi agricoli ad un altro di Roccella Valdemone tre trattori.

Determinante nell’operazione è risultato essere il coraggio, la determinazione e la collaborazione dimostrata dagli imprenditori che in piena sinergia con la Magistratura di Messina e con l’Arma dei Carabinieri hanno permesso di assicurare alla giustizia pericolosi malviventi.

La loro opera ha permesso agli inquirenti, di respingere il fenomeno criminale che aveva trovato spazio nella Valle dell’Alcantara e Comuni limitrofi.

Gli stessi imprenditori denunciando hanno permesso il brillante risultato, frutto di un certosino lavoro di squadra, e che ha saputo, ridare la libertà a loro stessi che da tempo si vedevano costretti a pagare con i loro sacrifici “il pizzo” al sol fine di non avere minacce e ritorsioni ulteriori.

 

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