Quello relativo all’accessibilità rappresenta un diritto imprescindibile che, coniugandosi ai principi costituzionali di uguaglianza, partecipazione alla vita sociale, diritto al lavoro e tutela della salute, rientra tra gli strumenti giuridici operanti al fine di garantire pari opportunità a tutela dei cittadini con disabilità.
Sono diversi oramai i riferimenti legislativi inerenti alla questione: la l. 41/1986, che introduce il Piano Eliminazione Barriere Architettoniche (P.E.B.A.) di cui ogni Comune è stato sollecitato a dotarsi; la l. 13/1989 concernente le disposizioni per l’eliminazione delle barriere negli edifici pubblici e privati aperti al pubblico e il D.M. 236/1989 che ne esplica le modalità operative; ma anche la l. 104/92 che ha costituito la prima, rivoluzionaria cornice di riferimento.
Esistono inoltre disposizioni più tecniche e settoriali, come il Codice per la qualità dell’architettura, l. 80/2013, e la normativa in materia di edilizia, in particolare il DPR 503/1996 che stabilisce, tra le altre cose, che gli studi medici debbano essere accessibili.
A sorreggere il dibattito decennale sull’abbattimento delle barriere e l’individuazione di specifici dispositivi di tutela è stata la volontà di consentire alla popolazione con disabilità la piena realizzazione come persone e come cittadini.
Giovanni Puglisi ha 62 anni e da più di 20 convive con una condizione di disabilità fisica che lo ha costretto su di un dispositivo mobile automatizzato, ragion per cui la sua libertà di transito e di fruizione di servizi essenziali, come quelli destinati alla salute, è strettamente connessa all’accessibilità del territorio e degli edifici.
La scorsa settimana il signor Puglisi si è rivolto al C.U.P. di Catania allo scopo di prenotare una visita oculistica: la prima possibilità rimandava ad uno studio dell’hinterland ma, alla domanda del Nostro in merito alla sussistenza dei requisiti architettonici, gli è stato specificato che l’edificio non era accessibile.
Stando così le cose, il primo appuntamento possibile presso una struttura accessibile situata in territorio limitrofo rinviava la visita in agosto.
Questo, invero, non è stato l’unico episodio di tal sorta; anzi, la richiesta preventiva di ciò che dovrebbe essere garantita per legge, ovvero l’accessibilità del luogo deputato alla ricezione dell’utenza, nasce in virtù di alcune disavventure in cui il sig. Puglisi si è ritrovato, suo malgrado, in passato.
La scorsa estate il Nostro si era recato ad Acireale per una visita dermatologica, sempre convenzionata, ed una volta giunto sul posto si è reso conto di non poter raggiungere lo studio medico in questione in virtù della presenza di barriere architettoniche; a quel punto il medico è sceso per strada, nel bel mezzo del traffico cittadino, ed ha svolto la visita in quelle condizioni. L’anno prima, il sig. Puglisi aveva dovuto rinunciare ad una visita specialistica (privata) perchè, sempre una volta recatosi presso lo studio, l’ascensore si presentava angusto e non constava delle dimensioni minime previste per legge.
Nell’esprimersi riguardo l’ultima vicenda che lo ha coinvolto, il sig. Puglisi ha affermato: “Mi sono impegnato in diverse battaglie per l’affermazione dei diritti delle persone con disabilità e provo indignazione a fronte di situazioni del genere. La dignità viene calpestata come se nulla fosse. Le barriere che impediscono l’accesso ad un luogo o ad un servizio sono discriminazioni che non è più possibile tollerare”.
Invero, le inadempienze di cui sopra non si attestano solamente entro una dimensione lesiva della dignità di colui che è stato protagonista delle vicende, ma contravvengono a quanto sancito da un ordine autoritario e giuridico superiore dal momento che le attuali prescrizioni in materia vengono ricondotte alla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità la quale, oltretutto, è stata ratificata anche dalla UE.
Purtroppo, nonostante la retorica inclusiva, i dibattiti e l’importante produzione normativa che ha tentato di mutare lo sguardo e l’approccio rivolto alle persone con disabilità ci si trova ancora innanzi a fatti analoghi a quelli riguardanti il sig. Puglisi che, di fatto, costituiscono inaccettabili discriminazioni.
Ci si domanda come possa una struttura, che manca di un requisito basilare per ottemperare alle esigenze della popolazione di riferimento, essere autorizzata ed operante.
Ci si domanda inoltre se gli organi locali deputati al controllo ed alla vigilanza delle strutture che svolgono un ruolo di tale rilievo siano a conoscenza di quanto appurato.
È lecito dunque chiedersi: da cosa discende questa evidente arretratezza? Non sono forse le persone con disabilità cittadini alla stessa stregua degli altri?