Il romanzo, del prof. Antonino Alibrandi, “Il Mare” è stato pubblicato nel settembre 2022, da “L’Erudita-Giulio Perrone editore” di Roma; è stato un notevole successo di pubblico e di critica (si ricordano le molte presentazioni anche nel nostro territorio e le analisi lucide, su di esso, fra le tante, della prof.ssa Nellina Ardizzone, del regista Cristian De Mattheis, della prof.ssa Pina Ardita e anch’io mi sono già cimentato con un articolo della fine del 2023 su questo “Gazzettino”). In tutti gli interventi, orali e per iscritto, un tema, a mio avviso evidente nel romanzo, non è stato mai toccato, quello esoterico e cabalistico; gli spunti, in quel testo, affinché venisse trattato non sono pochi. Noi proveremo a ricavarne alcuni, per donarli al lettore più attento. Non ci soffermiamo, ad esempio, su una perfetta descrizione di un’“obe”, cioè di una esperienza sensoriale fuori dal corpo, descritta nel capitolo “Al di là del corpo. Esseri oltre le tenebre” (pagg. 13-15), né sulla vista di un corpo suicida per impiccagione che, come un fulmineo lampo, il protagonista, da ragazzino, vede, in uno squarcio di luce come uscito dal nulla e nel nulla rientrato, nel capitolo “A Bucarest, senza luce, muto” (pagg. 57-58).
Nel capitolo “Vlad Tepes, Dracula” (pagg. 25-28 – nella foto in alto il Castello di Bran, Transilvania, oggi in Romania, dove visse Vlad Tepes III)), evidente è il riferimento rosacrociano, proprio ai Rosacroce: “Kartal, impaurito e stravolto, invocava…invocava sempre sua madre Meryem, che lo aspettava lontano; piangeva e invocava di non volere morire; quando una goccia del suo sangue, precipitando sul pavimento, si adagió sulla forma di una fiorita rosa bianca scolpita…Vlad vide quella rosa farsi rossa divina e il cuore di Kartal spezzarsi dal dolore, come neve tagliata da un fascio di luce…”.
Nel bellissimo capitolo “Ibrahim e Cecilia” (pagg. 94-100), ricorre, con insistenza, in forma evidentemente esoterica e cabalistica, il numero sette: “E, così, fin quando la luna piena di luminoso alabastro per sette esatte volte compì, per i sette gradi della sua perfezione, la sua rotazione, in quella ineguagliabile forma ed essenza, fino a quando non completarono di sfogliare i sette petali della misterica rosa inviolata discesa nella loro esistenza dal più rilucente dei sette rami dell’albero cosmico, Cecilia e Ibrahim, così esattamente, trascorso altri giorni e altre notti, di baci e carezze, di carezze e baci, senza che nulla potesse impedire che in due la loro anima più si scindesse; e, il settimo giorno della più lontana settimana si era concluso…”.
Il numero sette ha forti significati esoterici, cabalistici, misterici, molti in relazione alla massonica cultura; citare qui i vari significato del sette ci costringerebbe a scrivere un poderoso volume, per cui ci limitiamo a citarne alcuni: il sette è, Cristianamente, il simbolo della perfezione e della completezza, poiché sette sono i giorni della Creazione, sette i doni dello Spirito Santo e sette le Beatitudini. In ambito massonico, sette sono i gradini che portano allo scanno del Maestro Venerabile; sette sono le discipline e le scienze muratorie (Lingua, Ratio, Tropus, Numerus, Angulus, Tonus, Astra). Nella “Kabbala”, l’uomo, oltre ad avere una triplice essenza, viene descritto in evoluzione settemplice, cioè attraverso sette capacità (vegetativa, nutritiva, sensitiva, intellettiva, sociale, naturale, divina). Oltretutto, l’Armonia (sette lettere) viene associata ai sette sapienti e, quindi, alle sette meraviglie del mondo. E, così, ancora, per altre tantissime spiegazioni su questo numero.
Difficile risulta, a noi, però, interpretare questo altro passo misterico nel romanzo “”Il Mare” (significato che sappiamo, per ammissione dell’autore, che esso ha, non rivelandoci egli quale), esattamente nel capitolo “A Kaunas. Ricordo della madre bambina e del soldato russo Vladimir” (pagg. 236-238): “Nessuno fu, inoltre, in grado di decifrare una ermetica e arcana postilla, sibillina e impenetrabile, scritta, da quel frate dal linguaggio di un pelato, a scorrere verso il basso ai margini dell’ultimo foglio indicata…Attraverso il numerale capitolare sta, nel suo dinamico sostare per terne pitagoriche, la pace e il suo quadrato e la spirituale perseveranza conquistata!”.
Altre ancora le descrizioni simboliche ed esoteriche nel romanzo, ma lascio al lettore la loro facile individuazione. Chiudo l’articolo con questo mirabolanti passo tratto proprio dal capitolo da me qui in ultimo indicato: “Ho visto la Luce in una grande esplosione lasciare i suoi luoghi di eterno e squarciare e invadere lo spazio prima inesistente del materiale mondo sottostante ed essere lì subito aggredita dalle costanti tenebre rapide e feroci che non le lasciavano tregua; la Luce era impassibile e sicura e attendeva nient’altro che il tempo inassoluto sfiancasse l’agire stancante delle ineterne oscurità, per accecarle, dopo averle rese consapevoli della loro inanità, col suo bagliore, ed annientarle nel nulla inesistente, impedendo ogni loro trasformazione; in questa lotta, furibonda solo da una parte…”.
Gabriele Garufi