E’ venuto a mancare nei giorni scorsi, all’età di ottant’anni, il noto giudice originario del Comune dell’Alcantara. Il suo nome è legato a tutta una serie di inchieste particolarmente scottanti da lui condotte a Messina e provincia, a cominciare dalla “Tangentopoli” del capoluogo peloritano che lo fece balzare agli onori delle cronache nazionali
Pur essendo ufficialmente venuto al mondo nel Comune nebroideo di Naso, dove i suoi genitori abitarono provvisoriamente, scorreva sangue francavillese nel magistrato Enzo Romano, deceduto a Messina nei giorni scorsi all’età di ottant’anni. Il padre Filippo Romano, anch’egli magistrato, era infatti nativo della cittadina dell’Alcantara, che nel 2010 gli ha intitolato una via del paese. Il figlio Enzo intervenne allora, sia pur già sofferente, alla relativa cerimonia, svoltasi nell’aula consiliare del municipio di Piazza Annunziata.
Ma a Francavilla il giudice Enzo Romano si recava spesso, anche nel pieno della sua brillante carriera, quando pure la stampa nazionale si occupava di lui e delle sue scottanti inchieste sulla “Tangentopoli” messinese degli Anni Novanta.
Romano entra in magistratura nell’aprile del 1967. Inizia la sua carriera come giudice penale a Monza per poi, nel 1970, essere nominato pretore penale di Reggio Calabria. Nel 1975 approda al distretto giudiziario di Messina, dove fino al 1991 svolge le funzioni di pretore dirigente. Due anni dopo, insieme al collega Angelo Giorgianni, crea il pool “Mani Pulite” della Procura peloritana e nel 1996 entra a far parte della Direzione Distrettuale Antimafia.
La sua firma compare negli atti di importanti e spinosissime inchieste, come le operazioni “Peloritana” sui clan cittadini, “Mare Nostrum” sulla mafia tirrenica e nebroidea, “Giostra”, “Mangialupi”, “Piovra” e “Neve d’Estate”, quest’ultima concernente un maxi traffico di droga.
Oltre che un preparatissimo e stimato magistrato, Enzo Romano era anche un fine intellettuale, come si evince dalla sua partecipazione alla vita culturale messinese nonché dagli argomenti di conversazione con noi giornalisti, con i quali amava a lungo intrattenersi al termine delle udienze o a margine delle conferenze stampa.
Eloquente e toccante il ricordo tracciato dal figlio Filippo Romano, ex commissario della Città Metropolitana di Messina ed attuale viceprefetto vicario di Siracusa. «Mio padre – ha dichiarato quest’ultimo – era un uomo speciale, buono e generoso, umile e coraggioso al tempo stesso, mai piegatosi alle prepotenze ed alle ingiustizie perché animato da quella forza che promana dall’onestà e dalla virtù. Era insomma un uomo vero, ma anche un intellettuale profondo e tormentato, comunque saldo in quei valori etici che professava con coerenza a volte dolorosa. E come tutte le persone veramente speciali, fu invidiato per ciò che di bello aveva e persino per l’amore di cui era circondato. La sua purezza ed il suo “porgere l’altra guancia” resteranno per me modelli inarrivabili e non imitabili».
Rodolfo Amodeo