Catania, carabinieri ricostruiscono la guerra di mafia a Librino VIDEO -
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Catania, carabinieri ricostruiscono la guerra di mafia a Librino VIDEO

Catania, carabinieri ricostruiscono la guerra di mafia a Librino VIDEO

Su delega della Procura Distrettuale di Catania, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania hanno eseguito un provvedimento di fermo, emesso dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di cinque soggetti, ai quali sono stati contestati, a vario titolo, i reati di omicidio aggravato, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi e lesioni personali, tutti in concorso e aggravati dal metodo mafioso, al fine di agevolare il clan dei “Cursoti Milanesi”.

L’intensa e rapida attività di indagine, che si è avvalsa anche di dichiarazioni acquisite nell’immediatezza da coindagati, ha consentito di ricondurre il duplice omicidio e i tentati omicidi verificatisi la sera dello scorso 8 agosto in Librino ad una ritorsione conseguente a precedenti contrasti insorti tra organizzazioni criminali contrapposte e segnatamente il gruppo dei “Cursoti Milanesi” e il clan “Cappello”.

Infatti, secondo quanto emerso, la vicenda ha avuto inizio il 7 agosto 2020, allorquando Di Stefano Carmelo, elemento apicale del citato gruppo mafioso dei “Cursoti Milanesi”, a seguito di contrasti personali insorti nel passato e presenti ancora oggi, ha organizzato una vera e propria spedizione punitiva presso l’esercizio commerciale di Nobile Gaetano (quest’ultimo anch’egli persona sottoposta ad indagine), il quale aveva la peggio venendo colpito ripetutamente anche con caschi da moto unitamente ad altri due soggetti (D’Alessandro Luciano e Bertucci Concetto, rispettivamente deceduto e ferito in occasione dell’evento dell’8 agosto).

Al riguardo, si è appurato che il Nobile, al fine di giungere ad un definitivo chiarimento con il Di Stefano, richiedeva l’intervento di soggetti appartenenti al clan “Cappello” e da qui scaturiva l’incontro dell’8 agosto di circa 20 persone, tutte a bordo di motoveicoli e scooter, nonché la decisione di recarsi nelle zone di pertinenza dei “Cursoti Milanesi” per rintracciare il Di Stefano e gli altri partecipanti al raid del giorno prima presso il mini market del Nobile ed ottenere spiegazioni su quanto accaduto.

Quindi, è stato appurato che il predetto gruppo di motociclisti, dopo essere partito da un luogo comunemente chiamato “monte pidocchio” nei pressi del cimitero di Catania ed avere percorso la via Acquicella, i quartieri di San Berillo nuovo e di San Giorgio, giungeva all’altezza della strada che conduceva al viale Grimaldi, dove veniva improvvisamente colpito da numerosi colpi di arma da fuoco esplosi con diverse pistole dagli indagati che, preventivamente allertati, a bordo di auto e scooter, avevano pianificato una contromossa, provocando la morte di D’Alessandro Luciano e Scalia Vincenzo, nonché il ferimento di altri soggetti.

L’attività investigativa consentiva di far emergere la figura di Di Stefano Carmelo, attuale reggente del gruppo mafioso dei “Cursoti Milanesi”, il quale, oltre ad aver organizzato ed istigato il gruppo di fuoco, non solo ha guidato la violenta aggressione del 7 agosto ai danni di Nobile Gaetano, ma ha anche partecipato materialmente all’eclatante azione delittuosa finalizzata ad uccidere i soggetti ritenuti appartenenti ad un clan rivale.

Di rilievo sicuramente anche il coinvolgimento di uno degli uomini di più stretta fiducia del Di Stefano, ovvero Sanfilippo Martino Carmelo, emerso come protagonista anch’egli dell’aggressione violenta ai danni del Nobile, nonché del conflitto a fuoco avvenuto la sera dell’8 agosto, allorquando risulta aver colpito mortalmente D’Alessandro Luciano, ferendo Bertucci Concetto Alessio.

L’adozione del provvedimento restrittivo in parola si inquadra in un’ampia strategia di contrasto della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania e dei Carabinieri del Comando Provinciale che ha consentito, al momento, di prevenire tempestivamente ulteriori iniziative violente poste in essere dai segnalati clan, la cui operatività sul territorio e la frizione – esplicita e/o latente – sono state anche accertate in recenti attività di polizia giudiziaria.

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