Chiunque si trovi a passare davanti alla piazza Santa Maria di Gesù di Catania non può che rimanere incantato dal fascino dell’omonima chiesa. Basti pensare che lo stesso Federico De Roberto, importante scrittore catanese, ne decantò il valore definendola come “la chiesa cittadina più ricca di cose pregevoli”.
In principio, precisamente nel 1300, l’edificio religioso si presentava come una piccola cappella ubicata nella cosiddetta “Selva del Convento di Santa Maria di Gesù”, di cui oggi purtroppo non ne rimane più alcuna traccia. Le fonti riferiscono che all’interno della cappella si trovava una tomba circolare nota come “Mausoleo Modica”; è opinione comune credere che dal V secolo a.C. al tardo Impero romano l’area venne utilizzata esclusivamente per scopi funerari.
Ad ogni modo il complesso religioso fu costruito nel 1442, venendo sottoposto nel corso dei secoli ad una moltitudine di restauri; dai documenti d’archivio apprendiamo che la chiesa divenne parrocchia nel lontano 1949. La facciata esterna della struttura è opera di un certo fra’ Liberato.
In chiaro stile romanico, la decorazione laterale sfoggia un mix di pietre squadrate di basalto nero e pietra bianca. Salta all’occhio pure il grande portale d’ingresso, affiancato dalla presenza di sculture e finestrelle corredate di pregevoli grate. Non passa inosservato neanche il frontone spezzato, racchiudendo al centro una preziosa lunetta con il rilievo della “Vergine insieme al bambino”. Di grande pregio pure il finestrone con lo stemma francescano e il sontuoso timpano con al centro il monogramma mariano.
Chi accede all’interno della parrocchia, può anche ammirare le opere dello scultore Antonello Gagini e dei pittori Angelo Di Chirico e Giuseppe Zacco. Tuttavia, le meraviglie artistiche non si esauriscono qui: all’esterno della struttura religiosa, sul fianco sinistro del campanile, si erge la famosa cappella della famiglia Paternò, dotata di parasta e, soprattutto, di un’ incantevole finestra ogivale decorata a strisce bianco-nere.
Secondo alcune testimonianze fu edificata per volere del patrizio Alvaro Paternò, senatore romano che credeva di essere imparentato con la vetusta gens Iulia paterna; di lui si ricorda una grande opera: il Liber cerimoniarum, raccolta di norme ancora oggi applicate per lo svolgimento di alcuni riti della festa di S.Agata. L’apparato decorativo interno manifesta un gusto spiccatamente gotico, facilmente riconoscibile dalla volta ad arconi acuti impostati su colonnette, dalle finestre ogivali e dal pavimento a losanghe bicolori.
Accanto al portale si staglia il sarcofago con il ritratto di Bartolomeo Paternò, morto nel 1693; in alto, posta sull’architrave, si legge tuttora l’iscrizione latina. Bellissimo anche il chiostro, di forma quadrata, e ristrutturato nel 1700; articolato in quattro lati, uno di essi confina col fianco destro della chiesa. Al piano terra, invece, comunica con ambienti chiusi dove un tempo erano alloggiati i servizi del convento. In corrispondenza del chiostro si può osservare il primo piano dell’edificio di culto, che, a giudizio di alcuni studiosi, un tempo ospitava una grande biblioteca e diverse celle dei frati.
Sappiamo, inoltre, che la parrocchia si fa portavoce di intense attività assistenziali per supportare le famiglie più bisognose. Durante la pandemia, infatti, ha dato un caloroso sostegno a più di centotrenta famiglie in difficoltà.
Livio Grasso