Sarebbe stato fermato e condotto in carcere il marito della 32enne Debora Pagano, trovata cadavere ieri pomeriggio nella sua abitazione di via Principessa Mafalda a Macchia di Giarre.
L’uomo è stato fermato con l’accusa di omicidio volontario di Debora Catena Pagano. Si chiama Leonardo Fresta e ha 40 anni. Ha precedenti penali per reati contro il patrimonio e attualmente è indagato per 416 bis nel processo Caos contro esponenti del clan di mafia Brunetto.
La notizia del fermo è stata confermata dal suo legale l’avvocato Salvo La Rosa del foro di Catania. “Il mio assistito ha trovato la
moglie morta a casa venerdì sera ma ha avvertito il 118 soltanto ieri. E’ rimasto due giorni sotto choc senza riuscire a capire cosa fosse successo e neppure lui sa spiegare bene il parchè” ha dichiarato l’avvocato.
“Per quello che risulta a noi – ha aggiunto il legale – la famiglia non aveva problemi e nessun contrasto c’era stato tra i due coniugi, che vivevano una relazione tranquilla”. L’avvocato La Rosa ha confermato che la figlia della coppia “non era in casa perché con i nonni a Letojanni”.
LE REAZIONI
“Per qualcuno, quello di Debora è un altro nome da inserire nel tragico elenco dei femminicidi in Sicilia, in Italia. Per noi della Uil, no. Il delitto a Macchia di Giarre è un’altra sconfitta per noi tutti, che non sappiamo alzare abbastanza la voce contro il cinismo di istituzioni politiche da cui non arrivano risposte adeguate a questa strage in corso nel nostro Paese”.
Lo dichiarano le segretarie generali di Uil Sicilia e Catania, Luisella Lionti ed Enza Meli, dopo avere appreso dell’omicidio di Debora Pagano a Macchia di Giarre, in provincia di Catania, e del provvedimento di fermo disposto dalla magistratura a carico del marito della vittima: “Siamo contrari – aggiungono le esponenti sindacali – a processi sommari. Ci limitiamo, come sempre, a ribadire massima fiducia nella magistratura e nelle forze dell’ordine. Per Debora e per i suoi familiari, anch’essi vittime di questo delitto perché assassinati nell’animo, esigiamo giustizia e verità. Nello stesso tempo, però, ci chiediamo quante altre volte ancora dovremo rivendicare una profonda revisione del Codice Rosso e di tutta la normativa in vigore, evidentemente inadeguata di fronte a tanto massacro. Ribadiamo ancora che resta molto da fare, specie in Sicilia dove ad esempio sono una rarità i centri per uomini maltrattanti, ovvero le case di cura dove i Tribunali potrebbero inviare i violenti. Stato e Regione battano un colpo!”.