Lo scorso 16 settembre la Storia del nostro territorio ha ricordato (purtroppo, non attraverso conferenze o rievocazioni storiche nei panni d’epoca) il mezzo millennio di uno dei suoi avvenimenti più importanti:
Il 16 settembre 1524, era un martedì, la flotta turca, per la prima volta, raggiunse la costa di Mascali. Così, la coeva, sufficientemente nota, cosiddetta “Cronaca dello pseudo-Merlino”: “De mane, in lo casali di Mascali calaro tredichi fusti di Turchi et misero in terra circa quattrocento pirsuni la mattina all’arburi, et andaro fino a lu casali, circa miglia dui intro terra et prisiro infra homini, donni et pichulilli circa octanta pirsuni et dechi scapparo, prisiro etiam tutta la roba, di modo chi dicto casali si disabitao, et dapoi inbarcati, vinniro a lu portu di li Mulina di Yachi sencsa pagura alcuna. stectiro surti per fino a la nocti et poi sindi andaro, dichiano alcuni antichi che mai a tal loco vinniro fusti”.
La lettura di questo passo chiarisce bene come l’attacco portato al nostro territorio fu il risultato di un’operazione condotta in grande stile, per le coste di Sicilia, non improbabilmente dalla flotta del “Gran Turco”, piuttosto che da un bey nordafricano, ben tredici navi dalle quali sbarcarono quattrocento, come fin da allora in poi detti con poca esattezza e spregiativamente, “pirati” o “corsari”. Da questo passo rileviamo il numero degli abitanti del casale di Mascali, in quel torno di tempo, cioè circa novanta, di cui circa ottanta furono rapiti e dieci riuscirono a scappare. Rileviamo, inoltre, la distanza che intercorreva fra la costa e il casale di Mascali: due miglia, cioè circa tre chilometri di oggi, misurando il miglio di allora quasi un chilometro e mezzo (quindi, anche allora l’abitato era nello stesso luogo dove si trovava il borgo distrutto dalla colata lavica del 1928).
La Cronaca afferma che ebbe a trattarsi del primo sbarco e assalto turco contro il nostro territorio. Fra ‘500 e ‘600, gli assalti turchi furono intensi e frequenti, almeno fino a quello del 1670.
Si ricorda, in quel secolo e mezzo circa, il tentato assalto contro Messina, del 1594, del Kapudanpasha (l’Ammiraglio in capo della flotta turco-ottomana) Sinan Bassà (un cristiano “rinnegato”, che era stato rapito, proprio in quel di Messina, dai Turchi, giovinetto, e portato in Oriente e convertito all’Islam); contro la sua città di origine egli, invece di attaccarla, ebbe, invece, modo (con il placet concordato del Viceré di Sicilia) di incontrare, in maniera commovente, la madre e i fratelli che non vedeva dalla sua prima infanzia; e, in quei mesi, a metà settembre, la retroguardia della flotta di Sinan Bassà ebbe a scontrarsi contro la nostra fortificazione dell’Archirafi infliggendo ad essa non pochi danni.
Si ricorda l’attacco del Kapudanpasha Turghud Alì Dragut (la “Spada vendicatrice dell’Islam”) contro la fortezza di Calatabiano, del 1544, dopo aver veleggiato davanti alle nostre più vicine coste.
E ricordiamo gli incarichi dati, dal Viceré di Sicilia, al fine di relazionare sulle difese del Regno e proporre nuovi punti fortificati (il nostro territorio ebbe, anch’esso, particolare trattazione), nel 1578 all’architetto toscano Tiburzio Spannochi, nel 1583 all’ingegnere militare genovese Giovan Battista Fieschi Garaventa e nel 1584 all’architetto toscano Camillo Camilliani.
Ma, non è compito di questo breve articolo trattare sull’intera questione della “pirateria turca” contro il nostro litorale; per approfondire l’argomento, con altri e ancora più puntuali e dettagliati fatti storici, rimando al mio: Antonino Alibrandi, “Mascali e il suo territorio – La Storia – Dai Bizantini a Carlo III di Borbone (535-1759)”, Amazon, aprile 2023 (opera di 554 pagine, 489 capitoli e 1360 note), precisamente alle pagg. 173-312.
Antonino Alibrandi