Una storia di teatro che diventa scuola di vita nel libro di Laura Lubatti, responsabile della comunità “Giovanni XXIII” di Linera
“Dov’è Pinocchio?” di Laura Lubatti (Ed. Sempre Comunicazione, Rimini, 2011) è un libro speciale, al di fuori dei canoni comuni perché testimonia come ciò che sembrerebbe impossibile, può, invece, realizzarsi se si hanno capacità di ascolto e convinzioni educative forti, che si traducono in impegno e costanza, pur in presenza di difficoltà rilevanti. Parliamo della testimonianza di Laura Lubatti, di origine torinese, che si è trasferita vent’anni fa grazie all’invito di don Oreste Benzi, assieme al marito Marco Lovato, a Linera nel Comune di Santa Venerina per occuparsi della Comunità “Giovanni XXIII”, che ospita soggetti con problemi di handicap, persone che vivono sulla propria pelle abbandoni, rifiuti, ferite difficilmente sanabili.
La Lubatti, avvalendosi della sua esperienza di operatrice di teatro sociale, ha individuato proprio nel teatro la modalità per riuscire a far esprimere anche i soggetti più svantaggiati, perché “far teatro è un’arte, dove ciascuno ha la possibilità di tirare fuori l’attore che c’è in tutti … far teatro per esprimere stati d’animo o aspetti del proprio vissuto, trovando nella rappresentazione scenica uno strumento di comunicazione”.
La Lubatti, sostenuta anche da una solida fede nella Provvidenza, dopo il terremoto del 29 ottobre 2002, che colpì proprio Linera e lasciò gli ospiti della comunità in uno stato di ansia e di inquietudine, avviò l’esperimento teatrale, coinvolgendo direttamente tutti i ragazzi e i giovani presenti, facendo leva sulla favola di Pinocchio, reinterpretandola con l’apporto di ciascuno e costruendo un testo e una rappresentazione davvero originale con un continuo “lavoro” durato circa quattro anni. Sembrava impossibile, ma, pur attraversando momenti difficili, l’operazione è riuscita e la “compagnia teatrale” si è esibita con grande riscontro del pubblico, ma soprattutto con una carica di autostima degli “attori”, ”stanchi ma felici” perché hanno vissuto momenti di gioia e di condivisione; la rappresentazione è stata riproposta persino a Rimini e nell’istituto penale minorile di Acireale e in molti altri posti con unanimi consensi.
Giovanni Paolo Ramonda, attuale responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, nella sua prefazione annota fra l’altro che “la condivisione di vita fa riconoscere le capacità e le abilità che altrimenti verrebbero nascoste e, soprattutto, fa vedere il positivo creativo che c’è in ognuno. La tenacia, l’impegno e il sacrificio portano frutti e diventano educazione in atto”. Anche Maria Francesca Pricoco, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, dichiara che, per chi, come lei, “guarda i bambini e le piccole persone attraverso le carte di una procedura giudiziaria, è difficile cogliere ciò che nella quotidianità non sfugge, invece, a coloro che curano la relazione e coltivano gli affetti …”.
La Lubatti non si stanca di ripetere in tutte le occasioni che l’essenza dell’operazione non sta nel far teatro, ma “attraverso il teatro, raccontare, ascoltare, crescere … Metter insieme vite e storie diverse”.
Giovanni Vecchio