Sono quelle che un giovane liceale della Lombardia, recatosi in gita d’istruzione nella nostra isola, ha appuntato sul proprio “diario” riuscendo mirabilmente a cogliere l’“anima” più autentica di luoghi come Taormina, Giardini Naxos, Aci Trezza, l’Etna, Ortigia, la Valle dei Templi e Monreale
Tra i suoi tantissimi lettori, il nostro “Gazzettino Online” ha il piacere e l’onore di annoverare anche un cultore del bello e della classicità, ossia l’architetto Giuseppe Carmeni, docente di Storia dell’Arte originario di Giardini Naxos, ma da oltre trent’anni residente nella città piemontese di Novara, da dove ci segue quotidianamente non avendo mai rescisso il cordone ombelicale con la sua amata terra natia ed, in particolare, con la prima colonia greca di Sicilia.
Ed in Sicilia il prof. Carmeni ha fatto di recente ritorno qualche settimana fa per accompagnare in gita d’istruzione i suoi alunni delle quinte classi del Liceo Scientifico “G. Torno” di Castano Primo (Milano).
«Si è trattato – ci ha spiegato l’insegnante – di un “Grand Tour” nel corso del quale gli studenti lombardi hanno visitato luoghi particolarmente significativi della nostra isola quali Palermo, Monreale, Segesta, Selinunte, Agrigento, Siracusa, Catania, Aci Trezza, Giardini Naxos e Taormina. Nei tre teatri antichi di Segesta, Siracusa e Taormina i ragazzi hanno recitato alcuni brani della tragedia “Antigone” di Sofocle; abbiamo, inoltre, omaggiato la tomba di Pirandello ad Agrigento e visitato la “Casa del Nespolo” ad Aci Trezza, dove una bravissima attrice ha raccontato “I Malavoglia” di Verga facendoci commuovere. Per i miei alunni è stata un’esperienza straordinaria ed un tripudio di colori, sapori, luce e cultura. Incantati dalla bellezza della nostra terra, sicuramente torneranno in Sicilia con i loro genitori o con i loro amici, mentre le mie colleghe Paola Colombo e Paola Baronia in camper con le rispettive famiglie. Eloquente, al riguardo, quanto ha spontaneamente scritto lo studente diciannovenne Francesco Procopio sul suo “diario di viaggio”».
Giuseppe Carmeni ci ha, quindi, inviato questo significativo e poetico “reportage” del suo alunno, che pubblichiamo integralmente di seguito perché affascinati dalle emozioni che tale scritto riesce a trasmettere nel delineare sinteticamente la vera “anima” dei vari luoghi visitati, che non sempre, noi che li abitiamo, sappiamo cogliere, apprezzare e valorizzare, come invece ha fatto questo giovane turista venuto da lontano sulla scia di altri illustri viaggiatori del passato (quali Goethe, Toqueville, Dumas e Maupassant) rimasti estasiati dal fascino di una terra che, pur con i suoi tanti problemi e le sue mille contraddizioni, non ha eguali.
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Cosa rimane dopo un viaggio in Sicilia, questa terra capace di essere unica al mondo?
Rimangono le immagini sensazionali di quei luoghi incantati che ritornano appena si chiudono le palpebre, ma non solo questo.
Riecheggiano ancora nella memoria i suoni di Palermo, gli zoccoli dei cavalli e le campane di una chiesa in lontananza. Questa città può sorprendere per i ricordi della storia che ancora rimangono impressi sui muri e tra le case della città. L’eco del cielo azzurro e delle lenzuola mosse dal vento riappaiono dagli anfratti della mente. I contrasti nella città dei Quattro Canti convivono in armonia tra le cupole arabe e il barocco più puro. Il palato ancora ricorda il sapore della fresca ricotta e della melanzana.
Rimane la fatica tra le strade tortuose di Monreale e la vista della cattedrale d’oro e degli immensi spazi. Lo sbattere delle ali dei piccioni e il frastuono della fontana non sono ancora sfuggiti a causa del tempo e la pietra rugosa delle colonne è ancora percepita dalle mani.
Rimane il calore del sole sulla pelle e il fresco vento di Segesta e l’infinito paesaggio dell’orizzonte come retroscena del teatro greco. Ricordo il tempio e la natura che lo circonda in un abbraccio eterno. Non è sfuggito il lungo percorso, né i fiori, né le rovine della moschea.
Il fresco piacere di una granita e il sapore intenso degli “Spaghetti alla Norma” sono vivi nella memoria di Selinunte. Il brivido delle acque fresche e la sabbia morbida tra i piedi con le conchiglie sparse. Il molo tra il blu e le colonne in lontananza. Le divine rovine e la maestosità nei ricordi dei capitelli immersi nel profumo di salsedine del mare vicino. L’ocra sull’azzurro, come la combinazione dei colori più autentici della Sicilia.
Il ricordo della notte buia da cui emergono i forti colori di Akragas: un piacere per gli occhi, un calore per il cuore. La perfezione della Valle dei Templi e dei suoi immensi ricordi sopravvissuti, i grossi ulivi secolari e i possenti telamoni “lugubri”.
L’odore degli agrumi che arriva con il vento nel giardino della Kolymbetra e le rocce smussate sormontate dal tempio in una visione perfetta.
Ricordo la minaccia incombente della pioggia e le alte palme di Siracusa. Ortigia è ancora meraviglia per i miei sensi. Il biancore puro del duomo e l’azzurro della fonte Aretusa tra lo stridio dei gabbiani, l’eco delle voci che cantano all’orecchio di Dionisio e gli alberi che proteggono dal sole cocente, il grande teatro e il calore delle ruvide pietre.
La mente viaggia fino a Catania. Una città rinata dalle ceneri e costruita con la nera lava. Ancora una volta rimane in me la meraviglia per il biancore di Sant’Agata, per la gente nella piazza e per il parco verde nascosto da un grosso cancello. Non sono scomparsi dalla memoria le lunghe vie e i grossi archi di entrata alla città, e neanche il pistacchio verde e il pesce fresco. In questa città vive il Barocco, in questa città vive l’Etna tra le strade e tra i palazzi e nel sorriso dell’elefante.
La piccola Aci Trezza, con il famoso nespolo e la voce di Verga, che mi accompagna tra i gorgoglii del mare tra i ciclopici faraglioni. Il sapore salato e amaro e il buio che cala mentre le voci della piazza scompaiono, lasciando solo il suono delle onde.
Il mare mi accompagna fino a Giardini Naxos con il suo rumore che, mentre lambisce i neri scogli, riempie la memoria della brezza umida che rinfresca la pelle.
La gioiosa Taormina è in equilibrio tra le rocce e il mare, con l’elegante piazza e il teatro scenografico, il verde parco e i vicoli stretti e molto caratteristici. Il ricordo ancora torna alle porcellane colorate e al sapore del cannolo che fa gioire il gusto.
Ricordo questo e molto altro, ma quello che ricorderò di più della Sicilia è il viaggio. Un viaggio tra il verde primaverile delle dolci colline e le rocce bianche di montagne verticali, il giallo dei fiori e le distese di ulivi, il bel sole e le piogge improvvise, la forza dell’Etna nascosto tra la nebbia.
E’ questa la vera Sicilia. Una parte del mio cuore sta ancora viaggiando per quell’isola che, a detta di Goethe, è la chiave di tutta l’essenza italiana.
Francesco Procopio