Dopo quella analoga dello scorso anno, nuova “prodezza” di uno psicolabile residente nella struttura di accoglienza gestita nel Comune dell’Alcantara da un’associazione di volontariato, il quale l’altra mattina ha sferrato un calcio ed un pugno, facendolo cadere a terra e procurandogli un livido al volto, ad un bambino di quattro anni. Le condivisibili dichiarazioni del padre della vittima
Ormai a cadenza pressoché periodica, alla comunità francavillese tocca fare i conti con le pericolose “intemperanze” di alcuni soggetti affetti da patologie psichiche ospitati da un’associazione taorminese di volontariato in un immobile della cittadina dell’Alcantara, ubicato in Via Liguria. Qualche mattina addietro, infatti, uno di questi “ospiti” ha sferrato un calcio e subito dopo un pugno ad un bambino di quattro anni che si trovava insieme alla mamma in un tratto della centralissima Via Vittorio Emanuele. Il piccolo è caduto a terra, mentre lo psicopatico proseguiva la sua tradizionale passeggiata mattutina a passo svelto per le vie del paese. All’attonita madre non è rimasto altro da fare che raccogliere il figlio da terra e rifugiarsi in un vicino esercizio commerciale per riprendersi dallo shock. Dopodiché, il piccolo è stato fatto visitare ai medici di turno presso la Guardia Medica di Piazza Di Natale, i quali gli hanno riscontrato solo un livido al volto. I genitori hanno quindi denunciato lo spiacevole episodio alla locale Stazione dei Carabinieri.
L’artefice dell’inqualificabile e del tutto immotivato gesto, peraltro, un anno fa ne aveva posto in essere uno analogo sferrando un pugno nello stomaco ad un altro bambino francavillese che si stava recando a scuola. Sta di fatto che un soggetto del genere è ancora “a piede libero” e continua a scorrazzare liberamente per il paese come una normalissima ed innocua persona.
E dire che lo stimato operatore economico Carmelo Oliveri, padre dell’ultima recente piccola vittima di questo disadattato, tempo addietro aveva prestato servizio come volontario presso la struttura di accoglienza di Via Liguria, da cui provengono tali “squilibrati”.
«Già allora – dichiara al riguardo Oliveri (nel riquadro sulla foto del tratto di via Vittorio Emanuele in cui suo figlio è stato aggredito) – non condividevo del tutto il modo di operare di questa associazione, il cui obiettivo (ossia l’inserimento sociale delle persone disagiate) è senz’altro lodevole, ma perseguito in modo poco responsabile. Non me la sento, dunque, di criminalizzare chi, l’altro giorno, ha sferrato un calcio ed un pugno al mio bambino: la colpa, a mio avviso, è unicamente dell’associazione, della quale sono vittime in egual misura sia gli sfortunati utenti e sia i cittadini, come mio figlio, che subiscono le loro violenze. Perché, in particolare mi chiedo, queste persone vengono mandate in giro senza alcun accompagnatore?! Personalmente, dunque, non sono tra quelli che invocano la chiusura della struttura di Via Liguria; pretenderei, invece, un cambio di rotta nella gestione delle “criticità umane” di cui essa si occupa, in maniera tale da tutelare sia gli “ospiti” e sia la gente del paese. Fortunatamente – conclude Carmelo Oliveri – mio figlio ha riportato “solo” un livido, ma ciò non toglie che quanto accadutogli l’altra mattina non possa aver determinato in lui dei traumi a livello psicologico».
Come narrano anche le nostre passate cronache, non sono solo queste aggressioni ai bambini gli atteggiamenti indisciplinati, socialmente pericolosi e lesivi dell’ordine pubblico posti in essere negli ultimi anni a Francavilla di Sicilia dai soggetti “in cura” presso l’immobile di Via Liguria.
Da premettere, ad onor del vero, che l’associazione di volontariato responsabile di tale “casa di accoglienza” è anche artefice di un’iniziativa senz’altro meritoria, ossia una mensa sociale che, ormai da diversi anni, garantisce i pasti quotidiani a numerosi cittadini francavillesi in stato d’indigenza. Ma sull’impegno della stessa sul fronte dei malati psichici, qualche riflessione “critica” si mostra opportuna.
I Centri di Accoglienza e le Case-Famiglia, infatti, potrebbero indubbiamente costituire il “volto buono” di una società che tende ad ignorare ed emarginare chi viene stigmatizzato come “diverso”; ma il problema che sta a monte è l’approccio a questo particolare tipo di impegno, sicuramente encomiabile. Perché il recupero sociale dei soggetti disadattati non si persegue “sic et simpliciter” andando in giro per i Comuni a procacciare immobili in cui farli abitare per poi abbandonarli a se stessi ed al loro destino: dove sta, vien da chiedersi, l’imprescindibile e doverosa fase della riabilitazione che dovrebbe vedere medici, psicologi, psichiatri, assistenti sociali ed altre specifiche professionalità stare accanto, ventiquattr’ore su ventiquattro, a queste persone, anche e soprattutto quando le si manda a passeggiare per strada?!
Con tutto il rispetto e la comprensione per chi è meno fortunato, i principi del vivere civile devono essere connaturati alla persona; ed a chi non ne è portatore non si può permettere, nemmeno per un istante, di “integrarsi nella società” mettendo a repentaglio la sicurezza del proprio simile. Prima, pertanto, “guariamo” ed “educhiamo” questi soggetti “meno fortunati”, e solo dopo averlo fatto, e con pieno successo, diamo loro la possibilità di godere di una vita autonoma. Nel frattempo, non lasciamoli deambulare da soli per le strade del paese che li ha “affettuosamente” accolti, ma facciamoli accompagnare o controllare, durante le loro “passeggiate”, da professionisti qualificati onde evitare che, prima o poi, ci scappi il cosiddetto “morto”.
Rodolfo Amodeo