Una eccellente serata culturale ha avuto luogo a cura della Sezione Archeoclub di Catania, presieduta dalla prof.ssa Giusi Liuzzo, presso l’auditorium del “Circolo Didattico Pizzigoni” di via Siena a Catania, con la presentazione dell’ultimo lavoro storico del prof. Salvatore Statello dal titolo “Ines de Castro, un mito lungo cinque secoli”, edito da Di Nicolò editori, 2016.
La presidente Liuzzo (nella foto sopra con il prof. Statello) introducendo la manifestazione ha sottolineato che il prof. Statello, ripostese d’adozione da oltre 30 anni, ex docente di lingua e letteratura francese, intellettuale a tutto dondo è, da sempre, un esperto di lingua e letteratura portoghese, e che il contenuto del volume sulle dolorose vicende dell’eroina Ines de Castro è interessante dato che propone la lettura di un mito lungo cinque secoli. La prefazione del volume è della prof. Mariagrazia Russo, docente di lingua portoghese presso l’ateneo di Viterbo.
E’ stato lo stesso Statello a presentare il volume iniziando con l’evidenziare il titolo del suo lavoro precisando che in effetti gli episodi riportati sono realmente accaduti, trasfigurati in “mito”, in seguito, dopo centosessant’anni circa dalla morte di Ines (1355). La storia interessa in primo piano la Corte lusitana del XIV secolo con Don Pedro I (Pietro I figlio del re Alfonso IV, detto il valoroso) sposo di Costanza di Castiglia (1340) che si invaghisce, ricambiato, della splendida giovane Ines venuta in Portogallo, come damigella, al seguito di Costanza. Alla morte di Costanza (1345) Ines è l’amante ufficiale di Pietro I e, probabilmente anche sua moglie perchè sposata segretamente, come poi affermato dallo stesso Pietro, dopo l’assassinio di Ines, per ragion di Stato, da parte di cortigiani con il probabile consenso del re Alfonso. Salito al trono (1357) Pietro mette in atto delle terribili vendette nei confronti dei consiglieri del padre che pressarono per l’uccisione di Ines, con torture e distruzione di corpi, dichiarando Ines regina del Portogallo e dandole degna sepoltura nell’Abbazia di Santa Maria di Acobaca e facendo costruire il proprio sepolcro a fianco dell’amata nello stesso luogo. Da questa data, da questo alto riconoscimento di “regina” per Ines e da questo amore spezzato dalla ragion di Stato, sono nati e si sono moltiplicati gli interessi letterari, poetici, drammaturgici e musicali per Ines fino ad innalzarla a simbolo della letteratura lusitana.
Tra queste opere Statello ha ricordato le strofe di Garcia de Resende (1470-1536), la tragedia nel XVI secolo in cinque atti di Antonio Ferreira dal titolo “Castro”, i nostri Pietro Metastasio, Giovanni Greppi, Davide Bertolotti, ed altri. Per i musicisti italiani ricorda Giuseppe Persisani e la sua opera “Ines de Castro” rappresentata nel 1835 al San Carlo di Napoli ed altri a conferma della singolare valenza assunta da questa storia nel corso di questi ultimi cinque secoli. “Il mito – scrive Mariagrazia Russo nella prefazione – comincia a sorgere letteralmente nel ‘500 quando i modelli rinascimentali italiani, disegnati sui grandi amori danteschi e petrarcheschi, fanno ricercare in Portogallo medesimi soggetti e stesse forme che possano dare un profilo umanistico anche alla nazione lusitana”.
Camillo De Martino