“Raffaele e Angelo Lombardo mi cercarono di notte per chiedermi di fissare un appuntamento con Angelo Santapaola. Era il 2006, durante il periodo elettorale, mentre mi trovavo in stato di vigilanza a seguito di una condanna per associazione mafiosa”.
A raccontare il fatto in videoconferenza è Rosario Di Dio, il mafioso resistente ad abbracciare lo stato di collaboratore di giustizia, nell’udienza di ieri, martedì 19 aprile 2016, presso l’Aula 2 del carcere Bicocca di Catania.
“Grazie al mio impegno l’incontro si svolse due giorni dopo la loro visita notturna. Anche io ero presente e ricordo Angelo Santapaola chiedere “a soldi e lavoro come siamo combinati?” Gli rispose Raffaele Lombardo: “per queste cose devi parlare con mio fratello Angelo”. Pochi giorni dopo le elezioni – continua Rosario Di Dio – Angelo Santapaola si lamentò con me perché i fratelli Lombardo non erano stati ai patti; successivamente lo stesso Santapaola mi informò che con il Presidente era tutto a posto”.
Rosario Di Dio ha dunque confermato quanto reso ai pubblici ministeri nel luglio del 2015. La Difesa è curiosa di conoscere le motivazioni che hanno spinto il Procuratore Generale a chiedere la riduzione della pena da 21 a 14 anni al processo dove Rosario Di Dio è imputato con l’accusa di associazione mafiosa con ruolo apicale. Stante che Di Dio oggi si è avvalso della facoltà di non rispondere sia alle domande che riguardavano le attività dell’organizzazione criminale, sia rispetto alle vicissitudini elettorali di altri politici, ad esempio di Fausto Fagone.
Flora Bonaccorso