Oggi, sabato 6 agosto 2016, ricorre il nono centenario della morte di San Cremete, fondatore del monastero basiliano di San Salvatore della Placa, di cui restano i ruderi (la cosiddetta “Batiazza”) visibili lungo la strada provinciale che da Francavilla di Sicilia conduce a Mojo Alcantara. Salvatore Ferruccio Puglisi, insegnante francavillese in pensione ed autore del volume “Il salto di San Crimo”, edito l’anno scorso (per i tipi di “Armando Siciliano”) ed incentrato sulle leggendarie vicende di tale mistico anacoreta, ci ha inviato il seguente scritto, che pubblichiamo in occasione di questa non adeguatamente celebrata ricorrenza.
* * *
Francavilla di Sicilia ha un santo, ma sono in pochi a saperlo. Si tratta di San Cremete. Tanti abitanti della cittadina dell’Alcantara si chiedono “chi era costui?”, anche se nel 1982 gli è stata intitolata, dall’allora Amministrazione Comunale guidata dal sindaco Salvatore Puglisi, una via della zona nuova del paese.
Il monaco Cremete, vissuto tra l’XI ed il XII secolo, è stato il fondatore del monastero basiliano di San Salvatore della Placa nonché il suo primo abate, carica che mantenne sino alla morte, avvenuta esattamente novecento anni fa, ossia il 6 agosto del 1116.
Quel poco che si sa sulla sua vita si deve a due sacerdoti agiografi del XVI secolo, ossia l’abate siracusano Ottavio Gaetani e quello netino Rocco Pirri, mentre l’unico documento probativo è la reliquia del capo di San Cremete, conservata nella chiesa di Santa Maria a Randazzo. Per il resto, tutto si è perso nei secoli bui del Medioevo. Pur senza averne le prove, Giuseppe Plumari, nella sua “Storia di Randazzo”, ha ritenuto Cremete originario di Costantinopoli, mentre Vincenzo Sardo, nella sua “Storia di Castiglione”, ha sostenuto che ebbe i natali in tale Comune etneo.
Cremete visse nel periodo in cui il conte Ruggero il Normanno intraprendeva la liberazione della Sicilia dagli Arabi. Reduce dall’espugnazione di Taormina, il nobile si stava dirigendo verso Troina, capitale del suo nascente principato, passando anche per i boschi della Valle dell’Alcantara, allora pullulanti di bande di malfattori. Cremete volle incontrarlo per ringraziarlo della sua opera di epurazione degli infedeli, e lo condusse sull’alta rocca dove aveva edificato una piccola chiesa.
Al potente visitatore, il mistico avrebbe voluto donare qualcosa di particolare, e si rivolse a Dio per ottenere un suggerimento al riguardo. L’ispirazione celestiale lo portò a chiamare ad alta voce un gran numero di bestie feroci che radunò attorno a sé nell’intento di offrirle tutte in dono a Ruggero. Quest’ultimo rimase ammirato ed al contempo divertito nel vedere quelle terribili fiere assumere un atteggiamento estremamente mansueto. Capì, dunque, di avere di fronte un uomo straordinario, certamente dotato di virtù soprannaturali. Cremete, dal canto suo, si rese conto che quei terrificanti animali potevano comunque non risultare graditi al nobile e, pertanto, li rimandò nelle selve.
Affascinato sia da tale episodio che dal superbo panorama circostante, Ruggero donò sull’istante al monaco eremita tutto il territorio che da quel punto si riusciva ad abbracciare con lo sguardo, manifestandogli altresì la volontà che in quel luogo venisse edificato un monastero. Nacque così il convento di San Salvatore della Placa, di cui Cremete fu il capo.
Ma la sua “leadership” venne messa in discussione dai confratelli, che un giorno, mossi da un acceso odio nei suoi confronti, tentarono di ucciderlo buttandolo giù dall’alta rupe sulla quale si ergeva il monastero. Ciò nonostante, Cremete cadde su una sottostante roccia rimanendo perfettamente incolume, come se degli angeli lo avessero preso in volo e protetto.
Il religioso, comunque, perdonò e benedisse i monaci che avevano attentato alla sua vita, e raccomandò a loro ed a tutti gli altri confratelli di disporre, al sopraggiungere della sua morte, il seppellimento del suo corpo dinnanzi alla porta del monastero di San Salvatore della Placa: non, dunque, in un sepolcro sontuoso ed onorifico, bensì in un “umile” fazzoletto di terra calpestato dai piedi umani. E da questa estrema dimora di San Cremete, in seguito scaturì miracolosamente una limpidissima fonte d’acqua.
Risulta che a Francavilla di Sicilia il culto di San Cremete, un tempo considerato santo protettore, fu vivissimo fino alla soppressione del suo Ordine religioso, ossia quello dei Basiliani.
Per il resto, la storia di questo mistico ci è stata tramandata dalla tradizione orale raccolta dal Gaetani, che come tale è da prendere col beneficio dell’inventario. L’episodio delle fiere ammansite, ad esempio, è un elemento comune della vita dei santi eremiti (i Calogeri hanno un cervo che tiene loro compagnia, Sant’Antonio Abate ha diversi animali che lo circondano, San Paolo eremita viene seppellito in mezzo al deserto da due leoni, San Benedetto ha un corvo che gli procura il cibo, ecc.). E’ dunque probabile che quando la devozione verso Cremete si estese largamente tra i fedeli, i monaci del suo Ordine sentirono il bisogno di creare intorno al loro fondatore un’aura di leggenda e, seguendo la prassi del genere agiografico del tempo, non esitarono a riferire su di lui fatti prodigiosi, presi a prestito dalle vite di altri santi.
SALVATORE FERRUCCIO PUGLISI
FOTO: Salvatore Ferruccio Puglisi, il busto di San Cremete e, sullo sfondo, ciò che rimane a Francavilla di Sicilia del monastero di San Salvatore della Placa (la “Batiazza”)