“Sono un insegnante che lavora in una scuola media del quartiere San Cristoforo. Per il giorno 31 gennaio avevo prenotato una visita guidata al Castello e, a fine guida, un laboratorio per ragazzi sull’autoritratto, legato alla mostra sulla follia ancora in corso.
Informazione dateci: visita al castello con guida 1 ora, laboratorio didattico sull’autoritratto 1 ora (costo aggiuntivo). Bene, nonostante la preparazione dei ragazzi e due colloqui di prenotazione non siamo riusciti a vedere il Castello all’interno, ma solo la mostra… e non siamo riusciti a fare il laboratorio perché intanto il tempo era stato “sprecato” con la visita guidata – non richiesta – alla mostra.
Solo alla fine della nostra giornata è stata “recuperata” una guida della città che, preparatissima, ha fatto una lezione sul conflitto tra Federico II e Vescovo a Catania, ma fuori dal Castello…”.
A parlare è il professore Antonio Allegra, che denuncia come il Castello Federico II di Svevia, che i catanesi chiamano “Castello Ursino”, continua ad essere negato alla città, perché è esclusivamente una sorta di silos per mostre anche prestigiose, che potrebbero coesistire con la fruibilità della struttura museale che è il castello.
“Spiace – continua il docente – che uno dei pochi tesori medievali di questa città sia stato reso completamente non fruibile in sé. Ma spiace ancora di più la comunicazione errata fornita dagli operatori.
Alla richiesta di una visita guidata al castello solo ieri mi è stato detto che non era possibile, che c’era stato un qui pro quo e che era impossibile che io avessi potuto avere una guida al Castello. Insegnando storia, e trattando proprio ora Federico II, non so per quale motivo avrei dovuto far vedere la mostra sulla follia e non il Castello…
Direi che è inaccettabile scambiare per un qui pro quo una informazione che – a voler concedere il dubbio della buona fede – è semplicemente sbagliata”.
Insomma, niente visita al Castello: “Chi compra un biglietto d’ingresso per il Castello Ursino – sottolinea Allegra – sappia che vedrà una mostra, non l’edificio, e non esiste nessuna visita guidata.
Raccontando l’episodio ad altri colleghi, mi sono poi accorto che anche loro avevano avuto lo stesso problema con altre scolaresche. Insomma, il qui pro quo è un vizio inestirpabile o una strategia di marketing?
I miei alunni di seconda media hanno chiuso la giornata con questo lapidario commento: “Ni ficinu ‘a truffa”. Rimborserò personalmente il prezzo del biglietto ai miei alunni. Ringrazio però la guida che si è offerta in extremis e gratuitamente e la persona del museo civico che ci ha accolto cercando di rimediare al qui pro quo.
In ultimo chiedo scusa alla guida e operatrice del laboratorio sulla follia perché abbiamo dovuto “snobbare” il suo laboratorio, ma il tempo nelle nostre scuole è davvero un bene scarso, come l’acqua nel deserto. Così come l’attenzione e la fiducia degli alunni”.
“Chi non insegna nei nostri quartieri – conclude il docente – non sa quale sforzo sia stato fatto per portare quegli alunni: a) fuori dal confine del quartiere, superando le colonne d’Ercole di via Plebiscito; b) vedere un monumento storico e non un centro commerciale; c) pagare per la… cultura”.
Orazio Vasta