Intenso era lo scambio di lettere tra Emily e Maria Carolina
Tra Emily e Maria Carolina i contatti erano divenuti sempre più solidi. Prossima ad una nuova maternità, la quattordicesima, la regina preferiva agli impegni ufficiali, che la stancavano, la compagnia della sua “buona amica” che l’aiutava a superare i momenti difficili. Ma non erano solo i francesi a spaventare la regina e lady Hamilton. Altri timori derivavano dai fermenti giacobini registrati a Napoli. Il 1794 si annunciava, infatti, con la scoperta di una vasta cospirazione concepita nei circoli Lomo e Romo, abbreviazioni di “Libertà o morte” e di “Repubblica o morte”. L’obiettivo comune dei due gruppi – come scriveva sir William al Ministro degli Esteri inglese –, era la sollevazione popolare e l’assassinio della famiglia reale e dei ministri. C’erano però troppi sprovveduti tra i congiurati e i piani del complotto divennero ben presto un segreto di Pulcinella. Le conseguenze furono tragiche e, mentre un tribunale speciale avviava i processi, a scatenare il terrore ci pensò il Vesuvio, risvegliandosi la notte del 15 giugno 1794.
L’ambasciatore inglese fu tra i primi ad accorrere alle falde del Vesuvio. Come corrispondente della Royal Society non voleva perdere la grande occasione di inviare a Londra un dettagliato rapporto di prima mano. Ma, accostatosi troppo alla lava e agli anfratti da cui si sprigionavano sbuffi di vapore con esalazioni mefitiche, venne colto da una grave intossicazione, che fece temere per la sua vita. Emily in quei giorni fu più in ansia per la propria sorte, temendo la perdita di potere conseguente alla vedovanza, che per quella del marito, ma per la verità risulta che fornì all’infermo un’assistenza preziosa quanto quella dei medici accorsi al suo capezzale.
Sir William trascorse, quindi, un lungo periodo di convalescenza con la moglie a Castellammare di Stabia, dove si sistemarono nella villa Quisisana, messa a disposizione dai sovrani. Ivi fu organizzata anche una festicciola per il loro terzo anniversario di matrimonio. «Non ho mai visto sir William tanto felice, né sono mai stata tanto felice io stessa», scrisse in quei giorni Emily a Greville, dopo essersi congratulata con lui per la nomina a vice ciambellano.
Intanto, intenso era divenuto lo scambio di lettere – quando non potevano incontrarsi –, tra Emily e Maria Carolina, in francese e talvolta in italiano, per qualche commento a caldo sulle ultime vicende politiche o per fornire ragguagli sui prossimi impegni e sull’andamento della vita familiare.
In effetti, come conferma l’intero carteggio di Maria Carolina con lady Emily, frenetica era l’attività politica della regina, la quale, pienamente disinvolta negli affari di governo, riceveva e apriva lei stessa le lettere di Stato in cifra; le mandava all’ambasciata inglese prima ancora di farle leggere al re o ai ministri; le indirizzava ad Emily e non a sir William; dava incarico all’amica di ricopiarle e di inviarle a Londra. Non sappiamo se il loro rapporto fosse di sola amicizia, oppure se la regina e “la bonne amie” preferivano tacere di sentimenti privati.
Probabilmente, sui presunti rapporti omosessuali della regina, correvano voci denigratorie di corte, artatamente alimentate, già da anni – sia nei confronti di Maria Carolina che della sorella Maria Antonietta –, dai diplomatici stranieri. (Come spiega lo storico, Roberto Tufano: «Nei tardi anni Settanta, ad opera specialmente degli ambasciatori spagnoli, si diffuse una gran mole di rivelazioni sulla pericolosa mistura di sesso e di potere nella corte napoletana e sui costumi dei regnanti». Inoltre: «Le analogie del caso della regina francese con quelle della sorella napoletana sono sconcertanti … Le immagini mistificate di ambedue hanno poi finito per contribuire al processo di denigrazione della percezione collettiva della regalità durante gli ultimi anni dell’antico regime»).
D’altra parte, cento anni prima della pubblicazione delle lettere tra la regina e lady Hamilton l’amore omosex non scandalizzava troppo: a Napoli si poteva vivere come si voleva, nessuno si era scandalizzato se miss Hart era stata la convivente di lord Hamilton, e nessuno si sarebbe scandalizzato se davvero fosse stata l’amante della regina. Comunque, nel carteggio di Maria Carolina con Emily non appare alcun indizio di legame omosessuale, ma, piuttosto, si evidenzia un vero patto di ferro, e se in quell’amicizia interveniva un qualche elemento sessuale, esso si esprimeva nell’eccitazione dei loro gridi d’odio per i francesi. Plausibilmente, i sentimenti di Emily erano soprattutto di lusinga e di orgoglio per essere vezzeggiata e trattata da pari a pari da una regina; pertanto ne aveva sposato la causa con un entusiasmo che, in quel momento, coincideva pienamente con i disegni politici del governo britannico.
In tal senso, risulta rivelatrice la lettera a Greville del 21 settembre 1796: «Non abbiamo tempo per scrivervi perché abbiamo passato 3 giorni e 3 notti a scrivere per poter mandare con questo corriere alcune lettere di grande importanza al nostro governo. Dovrebbero essere grati a sir William e in particolare a me, in quanto la mia posizione a corte è molto eccezionale, e tale che nessuno ne ha raggiunta finora una uguale; ma è una posizione che non procura alcuna ricompensa, e del lusso e del fasto io sono quasi disgustata. Siamo mortalmente in ansia, e Dio sa dove saremo fra poco, e che cosa accadrà di noi, se le cose continuano ad andare come vanno adesso. Sir William sta molto bene. Io no, ma spero che starò meglio quando verrà il freddo e andremo a Caserta. La nostra casa – colazione, pranzo e cena – è come una fiera, e col mio servizio presso la mia adorabile regina non mi resta un momento per scrivere o per fare qualcosa con comodo. (…)».
La visita di Nelson a Napoli, nel settembre 1793, si era apparentemente conclusa senza lasciare conseguenze in lady Hamilton. Ma qualcosa era cambiato in lei dopo quell’incontro: si era ammalata di “febbre politica” e smaniava di misurarsi su questo arduo terreno. La crescente confidenza della regina, le adulazioni degli ospiti ai ricevimenti dell’ambasciata, forse le sollecitazioni stesse di sir William – il quale aveva notato l’effetto ottenuto da Emma su un uomo come Nelson, da lui ritenuto capace di grandi cose –, tutto ciò e altro ancora spinsero Emily su una china pericolosa ma attraente.
Col passare del tempo, la nuova ambasciatrice assunse enorme importanza agli occhi della regina Maria Carolina, da entrare nelle sue grazie. Emily veniva coperta di regali, di lodi, di dichiarazioni di affetto vivissimo: «Voi siete la padrona del mio cuore, mia cara milady. Per voi, come per i miei amici o le mie opinioni, io non muto mai». Quando sir William o Emily erano ammalati, la regina mandava più volte al giorno a chiedere notizie e non trascurava nessuna ricorrenza.
Il breve soggiorno di Nelson fu decisivo per il destino di Emily. Poiché l’influenza inglese trionfava, l’ambasciatrice divenne indirettamente una sorta di perno della nuova politica, e si trovava a svolgere una funzione ausiliaria di primissimo piano. Per l’anniversario della nascita di Giorgio III, 4 giugno 1794, lady Hamilton ricevette queste righe (in francese, sic!), da trasmettere a Londra tramite il marito: «Vi prego, fatemi la cortesia di fare stasera a mio nome un saluto a tutta la compagnia che si troverà da voi riunita, e dite loro che vorrei essere la prima a intonare di cuore la canzone: God save great George our King, e che auguro ogni felicità al re, al quale riservo un’amicizia senza limiti, come pure la più alta stima. La mia fiducia va alla prode nazione inglese, che salverà l’Europa dal flagello generale che la minaccia (…)».
Nel succitato messaggio è riassunta tutta la strategia di Maria Carolina. Il suo nemico giurato era la Francia, che rappresentava il vero pericolo per le Due Sicilie. Ora, da un punto di vista militare, la regina non aveva mezzi per opporsi a un’eventuale invasione di Napoli. La sua salvezza era nelle mani dell’Inghilterra e, più precisamente, nel sostegno che le avrebbe potuto dare la flotta inglese.
(9. – “Amy Lyon: una lady alla Corte di Napoli” 2013)
Roberta Mangano
Salvatore Musumeci