Linguaglossa: gli operatori turistici dicono decisamente “no” alla tassa di soggiorno -
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Linguaglossa: gli operatori turistici dicono decisamente “no” alla tassa di soggiorno

Linguaglossa: gli operatori turistici dicono decisamente “no” alla tassa di soggiorno

Prima di introdurre il piuttosto impopolare tributo, il sindaco Salvatore Puglisi ha voluto tastare il polso agli addetti ai lavori nel settore della ricettività, i quali si sono dichiarati nettamente contrari in quanto il Comune etneo, malgrado le sue indiscusse attrattive ambientali, necessita ancora di qualche ulteriore “salto di qualità”

C’è un tributo piuttosto impopolare chiamato “tassa di soggiorno”. Trattasi di un’imposta di carattere locale a carico degli ospiti che alloggiano nelle strutture ricettive di un determinato Comune, il cui introito viene incamerato da quest’ultimo che poi lo utilizza per finanziare pubblici interventi nei settori del turismo, del recupero dei beni culturali ed ambientali e della promozione del territorio.

Tanto per fare un esempio a noi vicino, a Taormina, per eccellenza capitale siciliana del turismo, l’importo della tassa di soggiorno varia da un euro a cinque euro a pernottamento, a seconda della tipologia di struttura ricettiva. Il turista, pertanto, al termine della sua vacanza taorminese corrisponde tale contributo al gestore della struttura ricettiva, il quale provvede poi a versarlo nelle casse municipali.

Questo particolare balzello avrebbe voluto introdurlo nel suo Comune il sindaco di Linguaglossa Salvatore Puglisi, facendo osservare ai suoi concittadini operatori turistici che non si sarebbe trattato di una “odiosa” tassa fine a se stessa, bensì di un piccolo contributo che, reinvestito sul territorio linguaglossese, avrebbe consentito di migliorare il look e la vivibilità del centro etneo, rendendo quest’ultimo turisticamente più appetibile. In pratica, dunque, quel gettito (stimato in complessivi quindici-ventimila euro l’anno) sarebbe tornato a beneficio delle locali strutture ricettive private se si considera, almeno in linea teorica, che una comunità più accogliente dovrebbe attirare un maggior numero di turisti.

L’ipotesi, però, è stata decisamente “bocciata” dagli addetti ai lavori nel corso dell’apposita assemblea convocata ieri sera in municipio dal sindaco Puglisi.

Questo perché, a detta degli albergatori linguaglossesi, la tassa di soggiorno si giustifica laddove si è in presenza di un’offerta turistica di un certo livello qualitativo, mentre Linguaglossa, pur beneficiando della vicinanza al vulcano Etna e di contesti naturalistici di tutto rispetto, non è ancora sufficientemente “attrezzata” per poter pretendere dai suoi ospiti visitatori un costo di soggiorno maggiorato, sia pur lievemente, dall’incidenza del tributo che l’Amministrazione Comunale avrebbe voluto introdurre.

«Prima – hanno proposto molti operatori del settore – inventiamoci qualcosa che possa portare in paese tanta gente, tramite ad esempio l’allestimento di eventi di un certo richiamo, e solo dopo sarà possibile iniziare a discutere di tassa di soggiorno».

Inevitabile il raffronto con i Comuni del versante Sud dell’Etna che, a differenza di quelli del versante Nord, come Linguaglossa, sono da sempre considerati, per tutta una serie di fattori, meglio organizzati turisticamente (non a caso la tassa di soggiorno si paga ormai da diversi anni nel Comune di Nicolosi).

Il primo cittadino linguaglossese Salvatore Puglisi, dal canto suo, ha preso atto della netta contrarietà alla tassa di soggiorno manifestata dai locali operatori turistici, accantonando, almeno per il momento, i suoi propositi al riguardo. Puglisi ha comunque considerato il pubblico incontro di ieri sera l’inizio di un dialogo costruttivo tra l’Amministrazione Comunale da lui guidata e le varie categorie socioeconomiche del paese etneo.

Tornando in linea generale alla tassa di soggiorno, essa venne istituita in Italia nel lontano 1910, per poi essere abolita nel 1989 ed, infine, reintrodotta nel 2009 nell’ambito del cosiddetto “federalismo fiscale”, che ha dato la possibilità agli enti locali di dotarsi di proprie entrate economiche. Da tempo, comunque, si parla di una revisione di tale tributo, magari svincolandone l’importo dalla non sempre attendibile classificazione degli alberghi in base al numero di “stelle” per tenere invece conto dei quasi sempre più sinceri giudizi che i clienti esprimono sui vari siti Web dedicati alle recensioni delle strutture ricettive e di ristoro.

Rodolfo Amodeo

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